Lo spietato opportunismo di Emil Bührle
È stato il commercio di armi a permettere ad Emil Bührle (1890-1956) di costituire la sua preziosa collezione d'arte.
Da Tintoretto a Modigliani, da Rembrandt a Picasso, passando per Cézanne, Van Gogh, Chagall… La collezione Bührle, che riunisce circa 200 opere, è una delle più prestigiose in Svizzera ed è considerata tra le più belle al mondo. Tuttavia, sul lascito dell’uomo d’affari di origine tedesca, arrivato in Svizzera nel 1924, è sempre aleggiato un alone di sospetto.
Nel 2015, sulla scia della vicenda Gurlitt, un libro – intitolato “Schwarzbuch Bührle” (Libro nero Bührle) – ha rilanciato le polemiche attorno a questa collezione: l’uomo d’affari, naturalizzato svizzero nel 1937, l’avrebbe costituita appropriandosi anche di opere d’arte trafugate dai nazisti.
In vista del trasferimento nel 2021 delle opere conservate presso la Fondazione Bührle alla Kunsthaus di Zurigo, le autorità cantonali e comunali hanno voluto fare un po’ più di luce sull’origine della collezione, affidando un progetto di ricerca a un gruppo di storici. Lo studio è stato presentato martedì ed è giunto alla conclusione che è stato solo grazie alle esportazioni di armi che colui che nel 1937 divenne proprietario unico della Oerlikon-Bührle ha potuto ammassare tutte queste opere prestigiose.
“Questa collezione d’arte di livello mondiale è stata creata grazie all’enorme fortuna che Bührle aveva accumulato con le esportazioni di armi prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale”, ha sottolineato lo storico Matthieu Leimgruber.
Uno spietato opportunista
Esportazioni dirette quasi esclusivamente verso la Germania nazista. Nel periodo fra le due guerre mondiali fornì a Berlino armi antiaeree. Poi, dopo lo scoppio del conflitto, vendette cannoni agli Alleati per 60 milioni di franchi e in seguito, dopo la capitolazione della Francia, tornò a concludere accordi con i tedeschi e le potenze dell’Asse, per cifre intorno ai 540 milioni.
Quando la sconfitta dei nazisti iniziò a profilarsi, Bührle scaltramente si schierò di nuovo con gli Alleati. Nel dopoguerra, acquistando ad esempio dei Cézanne e dei Renoir, l’imprenditore naturalizzato svizzero ampliò ulteriormente la personale raccolta di opere, avviata precedentemente. Il suo amore per l’arte risaliva alla gioventù e ai tempi degli studi universitari. Bührle morì a 66 anni a Zurigo nel 1956.
Nel libro viene dipinto come uno spietato opportunista in termini di business, che non si faceva problemi a chiudere contratti con chiunque.
Un opportunismo che gli permise di aumentare il suo patrimonio personale da otto milioni di franchi nel 1938 a 162 milioni nel 1945.
Arte trafugata
Emil Bührle cominciò ad acquistare opere d’arte nel 1936. All’epoca, le espropriazioni e le persecuzioni razziali del regime nazionalsocialista hanno avuto un grande impatto sul mercato dell’arte.
Tra il 1941 e il 1945, secondo lo studio, Emil Bührle acquistò 93 opere, 13 delle quali sono poi state considerate trafugate. Dopo la fine del conflitto, il collezionista è stato confrontato con delle richieste di restituzione ed ha effettivamente riconsegnato delle opere ai legittimi proprietari ebrei. In seguito, ha potuto ricomperarne nove.
Secondo lo studio, i sospetti di antisemitismo che pesano su Bührle rimangono, anche se in realtà solo un singolo documento scritto contiene dichiarazioni antisemite. Per Matthieu Leimgruber è però chiaro che Emil Bührle ha approfittato della situazione degli ebrei perseguitati e in fuga per costituire la sua collezione. Emil Bührle non era un nazista, ma faceva affari con il regime nazista per opportunismo, sostiene lo storico.
Il servizio del telegiornale
tvsvizzera.it/mar/ats
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