Vivienne Westwood al termine della sfilata primavera-estate a Parigi nel 2008.
Keystone / Remy De La Mauviniere
La stilista britannica Vivienne Westwood, definita da molti la regina del punk, è morta giovedì a Londra. Una ribelle che a 81 anni ancora partecipava a scioperi e proteste facendo sentire la sua voce graffiante a politici e potenti. Anche la sua moda era sempre sopra le righe: "L'unico motivo per cui faccio moda è fare a pezzi la parola conformismo" amava ripetere. Era malata da tempo.
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tvsvizzera.it/fra con Keystone-ATS
Ha vissuto le sue ultime ore parlando del pianeta e di quello che bisogna fare per salvarlo. Anche se i suoi ultimi strali colpivano obiettivi diversi: “Julian Assange – aveva dichiarato – è un eroe ed è stato trattato atrocemente dal governo britannico”. O ancora: “Il capitalismo è un crimine. È la causa principale della guerra, del cambiamento climatico e della corruzione”.
La sua era una voce fuori dal coro, sempre. Era ribelle per natura. Avrebbe compiuto 82 anni il prossimo 8 aprile. Era nata nel Derbyshire, figlia di operai del tessile, Gordon e Dora Swire, una coppia semplice che viveva nelle campagna inglese. Ma la ragazza dai capelli rossi aveva carattere da vendere e appena sbarcata in città sarebbe diventata la regina del punk, vestendo generazioni di gioventù ribelli prima con pelle e borchie e poi con bustini e panier settecenteschi.
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L’anticonformista
Vivienne arrivò a Londra a 17 anni ma lasciò l’università perché la trova noiosa. A ventun anni sposò Derek Westwood ed ebbe un figlio. Poi conobbe Malcolm McLaren, il musicista che sarebbe diventato l’impresario dei Sex Pistols. Con lui che Vivienne sarebbe diventata la stilista più anticonformista del Regno Unito.
Con Malcolm aprì una boutique, al 430 di King’s Road, il santuario della generazione ribelle di Londra di quel periodo. Il negozio cambiò più volte nome: da “Let it Rock”, “Too fast to live, too fast to die” a “Sex” e creò diversi scandali. Come nel 1974, quando per una collezione hard, fatta di abiti di cuoio e magliette di latex, catene e T-shirt fetish, la polizia chiuse il locale con i sigilli.
Con i Sex Pistols più volte si è mostrata irriverente nei confronti della Regina Elisabetta. Ma The Queen nel ’92 le ha conferito il titolo di dama dell’Ordine dell’impero britannico. Alla cerimonia però la stilista si alzò la gonna e mostrò ai fotografi che non portava la lingerie.
Anche la sua moda era sempre sopra le righe: “L’unico motivo per cui faccio moda è fare a pezzi la parola conformismo” amava ripetere. Ma a un certo punto cominciò a studiare storia del costume e si lasciò affascinare da corsetti, gonne di crine e imbottiture su fianchi e sedere. E il suo stile cambiò di nuovo.
Il Victoria and Albert Museum le dedicò la più grande mostra allestita per una stilista vivente. Mentre lei da Londra si spostava a Parigi dove apriva un atelier. Si divideva tra Gran Bretagna, Francia e Vienna dove ebbe una cattedra. Fu a Vienna che conobbe il futuro marito, Andreas Kronthaler, suo allievo alla scuola di moda, 25 anni più giovane.
Si sposarono poco dopo, durante una pausa pranzo a Londra. Lui divenne il suo assistente a cui lei lasciò la direzione creativa nel 2016. Ma non per andare in pensione. “Basta parlare di vestiti” ammoniva rivolgendosi a chiunque le si avvicinasse per parlare di moda. Era tutta presa dai problemi sociali. Tanto che alla sfilata della collezione pret-à-porter primavera/estate disegnata dal marito e presentata a Parigi a ottobre, lei, irriducibile ribelle di 81 anni, non a caso madre del punk, restò a Londra per aderire a una protesta sociale.
“Continuerò con Vivienne nel mio cuore – ha detto giovedì sera il marito -. Abbiamo lavorato fino alla fine e lei mi ha dato un sacco di cose con cui andare avanti. Grazie tesoro”. La Vivienne Foundation, società senza scopo di lucro, fondata da Westwood alla fine del 2022, con i figli e il nipote, sarà lanciata ufficialmente il prossimo anno per onorare, proteggere e continuare l’eredità della vita, del design e dell’attivismo di Vivienne.
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