Alain Berset, uno dei consiglieri federali più influenti, lascerà il Governo svizzero
Il presidente della Confederazione e direttore del Dipartimento federale dell'interno Alain Berset ha annunciato mercoledì a Berna che lascerà il Governo svizzero alla fine dell'anno. Rivediamo i suoi 12 anni nell'Esecutivo.
Alain Berset ha annunciato mercoledì le sue dimissioni dal Consiglio federale. Il responsabile del Dipartimento federale dell’interno (DFI) non si ripresenterà in dicembre. Lo ha detto lo stesso presidente della Confederazione in una conferenza stampa.
In carica dal 1° gennaio 2012, il socialista friburghese ha sempre diretto il DFI. È stato presidente della Confederazione una prima volta nel 2018 e una seconda quest’anno. In precedenza, aveva trascorso otto anni sui banchi del Consiglio degli Stati, la camera alta del Parlamento elvetico.
“Ho informato oggi i miei colleghi in Governo della mia intenzione di lasciare alla fine dell’anno. Dopo tre legislature complete e 29 votazioni federali, ho voglia di fare altro”, ha affermato Berset davanti ai media a Berna.
Quanto alla tempistica dell’annuncio, il consigliere federale ha citato la fine della lotta alla pandemia, suggellata dalla votazione di domenica, la terza, sulla legge Covid. “Ho sempre cercato di dare ilo massimo”, ha aggiunto.
Gli scandali non hanno influenzato la decisione
Incalzato dai giornalisti, Berset ha smentito che gli scandali associati al suo nome abbiano avuto la minima influenza sulla sua scelta: “La mia decisione si basa sui tempi istituzionali, si è chiuso un ciclo”, ha commentato, precisando che l’inchiesta sulla fuga di notizie in seno al Dipartimento dell’interno non rappresenterebbe un problema, né motivo di pressione.
Sollecitato poi sul fatto che di recente avesse manifestato l’intenzione di continuare l’avventura nell’esecutivo, Berset ha confutato seccamente tale tesi. “Non ho mai detto questa frase”, ha dichiarato, criticando il modo in cui le sue parole sono state riportate dalla stampa. “C’è ancora molto da fare. Ho dei dossier molto importanti sul tavolo e voglio portarli a termine” ha detto lo scorso 8 giugno a Interlaken (Berna), in occasione di un discorso allo Swiss Economic Forum. Dossier che porterà in effetti avanti per altri sei mesi: le sue dimissioni, infatti, non sono immediate. Il 51enne porterà così a termine l’attuale mandato, che scade a dicembre di quest’anno.
Il friburghese ha poi passato in rassegna tutto quanto fatto in questo lungo periodo in Governo, soffermandosi su numerosi temi in ambito sanitario e culturale. Un pensiero è andato a famigliari e collaboratori: “Ho sempre potuto contare su molta vicinanza e su una squadra solida”.
12 anni in Governo
Al termine del suo mandato, il friburghese avrà trascorso tre intere legislature nella stanza dei bottoni, lasciando un segno nel mondo della sanità: sarà certamente ricordato per essere stato il volto dell’era Covid-19. Attualmente è il consigliere federale più giovane in Governo, ma anche quello con la più lunga presenza negli organi di rappresentanza politica in Svizzera. “Sono particolarmente fiero di aver partecipato per molto tempo e attivamente al funzionamento della nostra democrazia”, ha detto oggi a Berna. “Mi hanno detto che le 29 votazioni a cui ho preso parte sono un record”.
Classe 1972, all’età di 27 anni ha conquistato il suo primo mandato diventando membro dell’Assemblea costituente del canton Friborgo. Un inizio che ha fatto venire voglia a questo figlio e nipote di deputati socialisti di lanciarsi nella politica federale. È così che nel 2003 riconquista in Consiglio degli Stati il seggio perso dal partito socialista (PS) friburghese quattro anni prima. Tatticista senza pari, apprezzato per il suo pragmatismo e conoscitore della lingua tedesca, nello stesso periodo ottiene anche un dottorato in economia all’Università di Neuchâtel.
Dopo due mandati alla Camera dei Cantoni, arriva in Esecutivo nel 2011: succede a Micheline Calmy-Rey e prende in mano le redini del DFI – senza più mollarle. Un fatto positivo, secondo lui: “La continuità è estremamente importante se si vogliono cambiare le cose”. Quello attuale è il suo secondo mandato da presidente della Confederazione, dopo il primo nel 2018.
L’uomo della pandemia
Direttore del DFI, è dunque di sua competenza la responsabilità dell’Ufficio federale della sanità pubblica e per questo è stato uno dei volti della pandemia di Covid-19: a Berset è toccato prendere decisioni che hanno cambiato la vita quotidiana della popolazione per diversi mesi. Un periodo che non ha esitato a definire “brutale”, sia per lui sia per la sua famiglia. “Mai avrei immaginato di dover lavorare così tanto e di dover sopportare tali violenze”. Violenze che si sono tradotte in numerose minacce che ha ricevuto nel corso della crisi: “Ho vissuto dei momenti di una brutalità senza precedenti nella storia delle nostre istituzioni. A seguito degli attacchi frontali di alcuni politici, una parte della popolazione si è sentita legittimata a spingersi oltre”, aveva detto a gennaio in un’intervista rilasciata a SWI Swissinfo.ch. “Il mio impegno è stato totale, bisogna rinunciare a molte cose, ma non ho rimpianti”.
Un personaggio divisivo, ma popolare
Affabile e cortese con alcuni, altezzoso e scontroso con altri, Alain Berset non si è fatto solo amici a Palazzo federale. Nel corso del suo mandato è stato oggetto di critiche a volte virulente sia da parte dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) che della stampa conservatrice di destra, tanto per le sue posizioni politiche quanto per alcuni suoi comportamenti privati.
Attacchi che sono giunti anche da sinistra: in 12 anni, Berset ha anche irritato le sue stesse truppe in diverse occasioni. L’ultimo episodio è stato l’attivissima campagna dello scorso anno a favore della riforma AVS 21. Alcuni suoi compagni di partito lo hanno giudicato corresponsabile dell’aumento dell’età pensionabile per le donne, accettato dal popolo con una maggioranza molto ristretta.
Caso Berset, ora c’è che chiede le sue dimissioni
Nonostante gli attacchi, però, Berset ha sempre mantenuto il sostegno della maggioranza degli svizzeri e delle svizzere. Secondo i sondaggi, è riuscito addirittura ad aumentare la sua popolarità. A dimostrarlo anche la triplice vittoria alle urne della legge Covid (l’ultima questa domenica). Nel complesso, il socialista è indubbiamente uscito dalla crisi come uno statista più forte. Ma non solo: secondo l’ultimo barometro elettorale della SSR, pubblicato nel marzo 2023, il 55% delle persone intervistate considera il politico friburghese molto o abbastanza simpatico. In termini d’influenza percepita, inoltre, il socialista supera tutti i suoi colleghi e colleghe poiché sette svizzeri/e su dieci lo classificano come uno dei due più influenti “ministri”.
Un bilancio politico eterogeneo
Nel corso dei 12 anni passati alla guida del DFI, un dipartimento che comprende non solo la sanità pubblica ma anche le assicurazioni sociali e la cultura, è toccato a lui annunciare, invariabilmente ogni anno, la cattiva notizia dell’aumento dei premi sanitari. Sebbene sia riuscito a far passare alcune riforme, il politico friburghese non si è dimostrato tuttavia capace di convincere la maggioranza del Parlamento su molte delle misure da lui proposte per controllare i costi della sanità.
Il suo più grande fallimento politico, però, resta la bocciatura da parte del popolo, nel settembre 2017, del progetto di riforma delle pensioni Previdenza vecchiaia 2020 (PV 2020). Una sconfitta ancora più amara per lui, che si era impegnato a fondo per sostenere questo compromesso, duramente conquistato in Parlamento dopo diversi anni di accesi dibattiti. Il friburghese aveva combattuto la battaglia in ogni angolo del Paese, attraversando la Svizzera per convincere la popolazione.
E ora?
“Alla fine siamo un po’ soli nel nostro lavoro e di fronte alle decisioni che siamo tenuti a prendere”, ha affermato Berset in seguito all’annuncio delle sue dimissioni, specificando che il suo partito non avrebbe esercitato alcuna pressione. “Rimanere per oltre 12 anni vorrebbe dire considerarsi insostituibile”, ha motivato una volta di più.
“Non ho un piano per il futuro, vedremo l’anno prossimo”, ha detto, “magari mi dedicherò allo yoga”. Chissà che proprio oggi, 21 giugno, giornata mondiale dello yoga, non decida di partecipare a una lezione…
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