Dieci volontari ticinesi hanno raggiunto il cuore del Gran Sasso sabato sera, con il loro bilico e i mezzi per spazzare la neve. Ora si trovano a pochissimi chilometri dall'hotel Rigopiano, sepolto mercoledì da una valanga.
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Simone Della Ripa, RSI News
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Il convoglio della solidarietà si muove in un vero è proprio “inferno bianco”, senza luci per interi chilometri. Spettrale, con cartelli divelti, abbattuti, nascosti dalle montagne bianche, che complicano la possibilità di trovare la via giusta. Senza comunicazione, con il segnale telefonico fuori uso.
Il tempo di una veloce cena per la colonna partita dal Ticino alla volta dell’Abruzzo per aiutare nell’emergenza neve, ed è già ora del briefing con le autorità italiane. I programmi cambiano in continuazione. Bisogna cominciare da un altro paese perché da giorni, da quell’area, non arrivano segnali. Si parte da Befero, la vera emergenza ora è lì.
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Attenti a tutto, non solo alla neve che raggiunge anche i tre metri, ma anche ai cinghiali che assaltano i mezzi, escono affamati dai boschi. Poi la nafta, bisogna portarla in quota ed i passaggi di strada molto stretti. Troppo anche solo per incrociare un altro mezzo. Non si potranno parlare tra loro perché i telefoni sono muti. Piove, il ciel non aiuta, la neve non solo è tanta ma diventa pesante. Quello dei 10 ticinesi è un gesto che nel freddo delle relazioni tra due paesi così lontani e così vicini, ha fatto molto discutere. In mezzo a tanto gelo ha portato un po’ di calore utile per “sciogliere e spalare” tanta neve. Così tanta che è difficile immaginare sia scesa tutta insieme. Qui li hanno accolti come eroi, come dei salvatori venuti dal lontano Nord per essere inghiottiti in questa enorme balena bianca che è oggi il Gran Sasso d’Italia.
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