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Lo spettro della guerra commerciale USA-Cina a Davos

È spettato al presidente cinese Xi Jinping aprire il World Economic Forum di Davos in cui si è profilato il duello a distanza tra Pechino e la nuova amministrazione USA.

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Il leader comunista ha difeso la globalizzazione economica e messo in guardia gli altri paesi, in particolare gli Stati Uniti di Donald Trump che l’ha spesso evocate, da spinte protezionistiche che darebbero il via a guerre commerciali che “non aiuterebbero nessuno” e “nelle quali tutti uscirebbero perdenti”.

Xi Jinping, richiamando la metafora di un oceano, ha invitato a nuotare tutti nella stessa direzione, superando le paure nell’affrontare acque sempre più burrascose”. Il dirigente cinese ha riconosciuto che l’economia globale “ha creato nuovi problemi” e per questo motivo occorre maggiori innovazione e responsabilità da parte di imprenditori e politici. Ma il caos attuale, incarnato dalle emergenze dei migranti o la crisi economica di 10 anni fa, non sono state causate da essa”.

A Xi Jinping ha replicato Anthony Scaramucci, l’inviato del presidente americano al forum grigionese, che ha allontanato lo spettro di una guerra commerciale. “Quello che chiediamo è di creare una maggiore simmetria negli accordi commerciali sottoscritti dagli Stati Uniti” poiché l’effetto deteriore di questi accordi è che “hanno nuociuto all’industria americana e strozzato la classe media e soprattutto i ceti operai”.

E per scongiurare un ulteriore peggioramento della situazione, ha continuato il giovane finanziere, “va rivisto il modello degli accordi commerciali sottoscritti dagli Stati Uniti negli ultimi 70 anni”. Se si riuscirà a farlo “Trump potrebbe essere l’ultima speranza della globalizzazione”.

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