Voluto dalla Fondazione Venezia, M9 - il Museo del Novecento di Mestre - è nato grazie a un investimento di oltre 100 milioni di euro. Si tratta di un museo senza oggetti, che nasce e trova linfa da accordi e ricerche con un centinaio di archivi, che si propone come interamente multimediale.
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tvsvizzera.it/fra con RSI
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Ci sono piccole cose, come la scoperta che un secolo fa la statura degli italiani era inferiore di 15 centimetri rispetto a quella fissata nel 2000, pari a 177 centimetri, o la “rivoluzione” dell’ingresso nelle case della televisione o della lavatrice. Ci sono anche grandi storie lungo le sale di M9, il Museo del Novecento che aprirà il primo dicembre a Mestre.
Eventi da vivere in prima persona, come entrando nel rifugio antiaereo ed avere la visione dei bombardieri che sganciano le bombe, sentire il sordo rumore delle esplosioni, provare il brivido di ascoltare il racconto di chi quei momenti li ha provati sulla pelle oltre 70 anni fa, prima di una pace che durada oltre 70 anni.
M9 è un museo di nuova generazione
Voluto dalla Fondazione Venezia, M9 è nato grazie a un investimento di oltre 100 milioni di euro. Un museo senza oggetti, che nasce e trova linfa da accordi e ricerche con un centinaio di archivi, che si propone come interamente multimediale. Una “casa degli italiani” che vuole raccontare “un secolo che non è finito, ma continua a condizionare la vita di ogni giorno”.
“M9 – dice il direttore Marco Biscione – è il primo museo del ‘900 in Italia, inteso come storia di una collettività, di una nazione. È il primo museo dove la multimedialità è messa al servizio di un progetto culturale per riuscire a comunicare agli italiani, e non solo, il loro essere e il loro divenire”.
Il visitatore non deve attendersi di incontrare – lungo il percorso suddiviso in otto sezioni tematiche – quadri appesi alle pareti, bacheche cariche di documenti e carte, icone del design o della moda, prime pagine di giornali. Ad attenderlo ci sarà una esperienza”immersiva” che lo porterà ad essere protagonista diretto nella costruzione della visione del secolo scorso.
Una scommessa rivolta anche, e orse soprattutto, ai giovani che sono nati nel nuovo millennio. Quelli che negli incontri fatti nelle scuole “sanno porre le giuste domande” sul secolo dei genitori e dei nonni.
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