Nel corso dell'assemblea generale di UBS, tenutasi mercoledì a Basilea, le domande sulla fusione con Credit Suisse sono state molte, ma le risposte poche.
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tvsvizzera.it/mrj
L’atmosfera all’assemblea generale, in presenza dei vertici e degli azionisti di UBS, tenutasi oggi, mercoledì, a Basilea, è stata meno tesa rispetto a quanto osservato in passato in occasioni analoghe. Molte le domande sulla fusione con Credit Suisse (CS), poche le risposte.
I vertici hanno innanzitutto cercato di giustificare il fatto che gli azionisti siano stati ignorati nella decisione di rilevare il concorrente. “Abbiamo dovuto agire immediatamente per stabilizzare la situazione”. Il Consiglio federale, ha ricordato il presidente del consiglio d’amministrazione (CdA) Colm Kelleher, ha fatto ricorso alla legislazione d’emergenza per consentire la fusione senza l’approvazione degli azionisti. “Pertanto, purtroppo, non è stato possibile ottenere il vostro consenso”, si è rammaricato. L’acquisizione dovrebbe essere completata entro pochi mesi. Per la fusione, invece, si prevedono altri tre o quattro anni.
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Un lavoro “tutt’altro che semplice”
“Questa transazione è la prima fusione di due banche di importanza sistemica globale: la sua esecuzione è tutt’altro che semplice e comporta enormi rischi”, ha ammesso Kelleher. Allo stesso tempo, però, si tratta di “un nuovo inizio per una banca combinata e per l’intera piazza finanziaria svizzera, che offre anche grandi opportunità”.
La riunione nella città renana è stata anche l’occasione per prendere commiato dall’amministratore delegato uscente Ralph Hamers. Alla luce delle nuove priorità dovute all’acquisizione di CS il consiglio di amministrazione ha cercato un diverso profilo di leadership al vertice. “Come sapete, ho presentato le mie dimissioni nell’interesse dell’azienda e dei suoi azionisti, nell’interesse della Svizzera e del suo settore finanziario”, ha detto il manager olandese nel suo discorso tenuto in tedesco.
“Sono fiducioso che il nuovo CEO Sergio Ermotti, con il suo curriculum e la sua esperienza, condurrà la banca in modo sicuro attraverso questa prossima fase”, ha aggiunto. Il dirigente ticinese – non presente a Basilea – è entrato in carica subito dopo l’assemblea.
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Per cercare di fugare i timori della popolazione svizzera, che deve fare i conti con un colosso cui sono stati offerti prestiti e garanzie statali per 259 miliardi di franchi e che si trova con una situazione meno concorrenziale sul mercato interno, è intervenuto il vicepresidente del CdA Lukas Gähwiler, che ha preso posizione su diversi aspetti elvetici. Riguardo alle dimensioni della realtà che nascerà dalla fusione il manager ha ammesso che si tratta di una banca grande, ma a suo avviso occorre mettere il tema in prospettiva. Negli ultimi anni i due istituti hanno ridotto in modo massiccio i loro bilanci: nel 2006, poco prima dello scoppio della grande crisi finanziaria, il bilancio complessivo di UBS e CS equivaleva a sette volte il prodotto interno lordo (PIL) svizzero. “Oggi, il bilancio combinato è ancora pari a due volte il PIL. E vogliamo continuare a ridurre drasticamente le attività di investment banking di CS”.
Nessun problema, secondo UBS, sussiste sul fronte della concorrenza. “In Svizzera c’è abbastanza concorrenza, con circa 250 banche”, ha sottolineato Gähwiler. Le quote di mercato dei due grandi istituti sono diminuite significativamente dal 2003. In termini di relazioni bancarie, il ruolo delle due società è importante, ma non dominante. “Il gruppo Raiffeisen ha circa il doppio delle filiali di UBS e CS messe insieme”, ha concluso.
Bocche cucite sui possibili licenziamenti
Poco o nulla si è invece saputo sull’impatto della fusione riguardo all’impiego, malgrado sulla questione siano state chieste delucidazioni da più parti, a partire dalla fondazione Ethos: è semplicemente troppo presto per fare ipotesi sui posti di lavoro, ha detto Gähwiler. “Innanzitutto, entrambe le banche devono essere portate avanti e integrate nei prossimi anni. Si tratta di un compito erculeo che richiede un numero maggiore e non minore di persone nel breve termine. Sul medio periodo dovremo valutare diverse opzioni. E a lungo termine è chiaro che si creeranno delle sinergie”.
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