Aumento di budget in vista per l’esercito svizzero
La Camera bassa del Parlamento elvetico ha accettato lunedì una mozione che propone di alzare progressivamente il budget delle forze armate, portandolo da poco più di cinque miliardi di franchi all'anno a sette miliardi entro il 2030.
La guerra in Ucraina è stato un elettrochoc, che “ha dimostrato che in Europa le guerre si fanno ancora con armi di fanteria, carri armati, artiglieria, aerei da combattimento…”. E per troppo tempo l’esercito ha dovuto far fronte a pressioni per ridurre le spese e oggi è poco preparato per affrontare una minaccia.
Le ragioni invocate dalla Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale, autrice della mozioneCollegamento esterno, hanno convinto sia il Governo – che ha già appoggiato la proposta – sia la maggioranza della Camera bassa, che lunedì l’ha approvata con 111 voti a 79.
La mozione mira ad innalzare progressivamente, entro il 2030, i mezzi finanziari per l’esercito portandoli all’1% del prodotto interno lordo. Tradotto in cifre, ciò significa passare da poco più di cinque miliardi di franchi (4,8 miliardi di euro) all’anno a sette miliardi.
Accelerare acquisti
Il denaro supplementare verrebbe speso per accelerare la modernizzazione dell’armata, sia a livello di truppe di terra che di ciberdifesa. Gli acquisti – come i mortai 16 da 12 mm -, considerati ormai maturi, verrebbero semplicemente anticipati rispetto al calendario previsto. Quest’ultimo dà infatti la priorità dell’acquisto del nuovo jet da combattimento e al sistema di difesa terra-aria Patriot, per una somma complessiva di circa otto miliardi.
Stando alla ministra della difesa, Viola Amherd, la guerra in Ucraina non ha sorpreso il Consiglio federale né l’esercito, visto che da anni si osservava un deterioramento della situazione in quella zona del Continente.
Tuttavia, benché la Svizzera non sia direttamente minacciata, abbiamo bisogno di accelerare la modernizzazione dell’esercito, che sarà più mobile, dotandolo in primis di un sistema di difesa efficiente dello spazio aereo ed equipaggiando completamente le truppe di terra, ha spiegato. Secondo Amherd, l’incremento dei mezzi finanziari non dovrebbe andare a scapito di altri settori d’attività dello Stato – “nessuno ne dovrebbe soffrire” – né preludere ad un aumento dell’imposizione.
Secondo la consigliera federale, non si tratta di finanziare progetti nuovi ma di anticipare degli acquisti previsti da tempo. Se vogliamo dare un contributo alla sicurezza in Europa, anche collaborando con l’estero, possiamo farlo solo se armati, ha spiegato la ministra del Centro riferendosi ai molti deputati che hanno adombrato una maggiore collaborazione con la NATO.
Non anticipare i tempi
Per il resto, il dibattito ha riproposto il tradizionale antagonismo destra/sinistra quando si tratta di spese per il settore della difesa, con il campo “borghese” che ha più volte rinfacciato alla sinistra di voler smantellare l’esercito opponendosi con argomenti speciosi alla mozione.
Tra le poche voci originali, i Verdi liberali, favorevoli senz’altro all’esercito, ma contrari ad agire con precipitazione, ossia lasciandosi trascinare dalle emozioni causate dalla guerra in Ucraina, e favorevoli invece a una riflessione di fondo sulle vere esigenze dell’armata per far fronte alle sfide del futuro, dopo però aver riflettuto a fondo sulla situazione geopolitica attuale e sull’eventualità di approfondire la cooperazione con l’estero in materia di difesa. Per i Verdi liberali, non bisogna insomma “mettere il carro davanti ai buoi”.
L’idea che basti togliere dai depositi i carri armati Leopard per assicurare una difesa maggiormente efficace è illusoria, tenuto conto che il conflitto attuale ha dimostrato quanto queste armi siano vulnerabili. Per i Verdi liberali bisognerebbe riflettere maggiormente sulle esigenze attuali della truppa e sul rapporto costi-benefici, come anche sulla pianificazione finanziaria futura alla luce dell’importante debito Covid accumulato, prima di decidere l’attribuzione di ulteriori mezzi finanziari. Anche l’uso del prodotto interno lordo per determinare l’efficacia dell’esercito sarebbe insensato, dal momento che si tratta di un valore volatile che potrebbe, in caso di crisi, sfociare addirittura in meno mezzi a disposizione per la truppa.
Esportare pace
Sulla stessa linea anche il campo rosso-verde che, a prescindere dalle posizioni ideologiche più o meno nette sull’esercito, ha chiesto di riflettere invece sulle vere minacce alla Svizzera, provenienti dal cielo e soprattutto, dal ciberspazio.
Per il campo rosso-verde, la mozione che mira ad aumentare i mezzi non solo è arbitraria, ma non dice nulla sui pericoli reali che dovrebbe affrontare il paese. Non è armandosi fino ai denti, magari con carri armati, che la sicurezza è per forza garantita, come dimostra il caso dell’Ucraina. Tenuto conto della sua posizione centrale in Europa, attorniata com’è da Paesi Nato amici, difficilmente la Svizzera vedrebbe arrivare alle proprie frontiere i carri russi, hanno argomentato vari oratori. Al di là della difesa dello spazio aereo – necessaria ma forse non con l’F-35A americano, secondo alcuni deputati PS, considerato un velivolo più d’attacco che da difesa – e dello spazio ciber, la Svizzera dovrebbe offrire i propri servigi a livello politico e diplomatico per evitare le guerre.
Quanto alla sicurezza, il campo rosso-verde ha rinfacciato alla destra di volere rafforzare l’esercito quando in precedenza sono stati gli stessi ambienti ad aver reso il Paese pericolosamente dipendente dal gas e petrolio russo, per non parlare dei patrimoni depositati in Svizzera, il tutto chiudendo gli occhi davanti a flagranti violazioni dei diritti umani.
È ora di agire
Per l’Unione democratica di centro, il Partito liberale radicale e il Centro, invece, vi è motivo di agire in fretta dopo l’attacco russo all’Ucraina, un elettrochoc per tutti, che ha aperto gli occhi della politica di fronte alle lacune del nostro esercito, del tutto inadatto ad affrontare le nuove minacce. Per il consigliere nazionale ticinese liberale radicale Rocco Cattaneo, dopo decenni di trascuratezza e tagli al budget dell’armata, uscita ridimensionata in uomini e mezzi, e durate i quali abbiamo goduto dei dividendi della pace, è ora indispensabile “un cambio di rotta” che ci assicuri quella sicurezza e deterrenza necessaria per proteggere la nostra libertà e i nostri valori.
Diversi deputati hanno fatto notare che l’1% del Pil rappresenta pur sempre una percentuale modesta rispetto al 2% che la Nato chiede ai Paesi membri.
La stessa coalizione di sinistra al governo in Germania ha radicalmente cambiato posizione decidendo addirittura di destinare 100 miliardi di euro alla difesa, oltre il 2% del Pil, hanno sottolineato diversi oratori, i quali hanno specificato che si tratta di accelerare il ritmo di modernizzazione dell’esercito le cui basi sono state poste dai vari rapporti sulla sicurezza redatti negli anni scorsi, alcuni dei quali anche in tempi recentissimi.
In ultima analisi, si è cogitato abbastanza ed è quindi inutile tergiversare ancora, facendo perdere tempo prezioso allo scopo – palese secondo alcuni esponenti del campo “borghese” – rivolti alla sinistra – di voler indebolire l’esercito invece di rafforzarlo.
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