Terrorismo, tutti i dati dei passeggeri sotto la lente della fedpol
Dopo Stati Uniti, il Canada e l'Unione europea anche la Svizzera intende accedere ai dati personale dei passeggeri aerei (PNR) allo scopo di prevenire potenziali atti terroristici.
Circa 50 milioni di dati PNR (Passenger Name Record) raccolti per lo più dalle compagnie aeree circolano ogni anno attraverso la Svizzera, secondo quanto fa sapere la direttrice della Polizia federale (fedpol) Nicoletta Della Valle. A partire dalla fine di maggio Berna sarà tenuta a consegnare all’Unione europea tutti i dati relativi ai passeggeri in volo verso l’Europa, come già avviene con gli Stati Uniti e il Canada.
Ma Berna, che dovrà apportare una modifica legislativa, intende a sua volta usufruire di queste informazioni di cui si occuperà un’unità speciale (Passenger Information Unit) presso la Polizia federale chiamata a individuare eventuali minacce gravi. “Fedpol vorrebbe poter trattare questi dati per poter lottare meglio contro la criminalità grave e non un qualsiasi reato”, ha precisato la direttrice degli inquirenti federali.
Secondo Nicoletta Della Valle l’unità dovrebbe essere composta da 15-30 dipendenti dei cantoni, di fedpol e del Corpo delle guardie di confine di modo che solo un numero molto limitato di persone potrà avere accesso a questi dati riservati.
PNR: le informazioni includono nome, numero di carta di credito, dati di viaggio, numero del posto a sedere, numero di bagagli, indirizzi di contatto e persino preferenze alimentari. Dopo molti anni di discussioni, l’Unione europea ha adottato le direttive sui PNR nel 2016. Queste entreranno in vigore in maggio e obbligheranno le compagnie aeree che gestiscono rotte da e verso l’Ue a trasmettere i dati dei passeggeri agli Stati membri. Le informazioni rimarranno registrate per sei mesi allo scopo di prevenire attentati e altri crimini gravi.
Intanto sempre in ambito di sicurezza gli Stati Uniti intendono andare oltre: una nuova proposta dell’amministrazione Trump prevede di accedere ai profili social degli stranieri che vogliono richiedenti un visto d’entrata. Una misura che sta già facendo discutere ma che non toccherebbe i 38 paesi che, come la Svizzera, sono esenti da visto per visite di durata inferiore ai 90 giorni.
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