Berna e Roma continuano a discutere dell’accordo sul telelavoro di frontaliere e frontalieri
Ticino, Lombardia e Piemonte hanno discusso di accordo sul telelavoro dei frontalieri, ma non è ancora stata presa nessuna decisione.
È ancora un cantiere l’accordo fra Svizzera e Italia sul telelavoro dei frontalieri, come è emerso da un incontro tenutosi venerdì di membri dei parlamenti regionali di Canton Ticino, Lombardia e Piemonte, nell’ambito della comunità di lavoro Regio Insubrica.
Il tempo, però, stringe: una soluzione andrà trovata entro fine dicembre, quando scadranno le misure provvisorie.
Archiviato il lungo e tortuoso cammino del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri, rimane ora sul tavolo quello relativo al telelavoro. L’unico rappresentante ticinese alla discussione tenutasi venerdì, era il vicepresidente del Gran Consiglio Michele Guerra, che ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI ha dichiarato: “Siamo vicini di casa ed è giusto parlarsi. La situazione del telelavoro è attualmente poco chiara e abbiamo chiesto all’Italia di proporre qualcosa di più concreto e solido di un accordo di amicizia”.
L’accordo stipulato durante la pandemia è stato prorogato con alcune modifiche ed è ora in vigore fino alla fine dell’anno. Berna ha già ribadito di essere pronta a concludere un’intesa definitiva, come già fatto con Francia e Germania, mentre l’Italia preme sul freno.
“La questione del telelavoro non riguarda tanto il luogo di lavoro, ma soprattutto la fiscalità”, ossia si tratta di stabilire dove le frontaliere e i frontalieri devono pagare le tasse, ha dal canto suo spiegato la consigliera regionale per la Regione Lombardia Silvana Snider. “Ognuno deve poter essere libero di andare a lavorare dove meglio crede e l’economia di confine si basa anche sull’apporto di questi frontalieri che lavorano in Svizzera, ma spendono in Italia. Alla Svizzera, inoltre, serve questa manodopera”.
Resta quindi da capire come verrà regolamentato in modo definitivo il lavoro dal punto di vista fiscale e pensionistico, nonché la quota massima di ore di lavoro che si possono effettuare dal domicilio senza spostarsi.
Il lavoro di frontaliere e frontalieri da casa, sottolinea Snider, avrebbe inoltre sicuramente un impatto positivo sul traffico e le strade nelle regioni di confine sarebbero più libere. “Per questo motivo la discussione non può essere fatta solo dal punto di vista fiscale, ma si tratta anche di un discorso legato alla sostenibilità”.
L’accordo definitivo sarà rilevante soprattutto per le persone attive nel settore terziario, che, nel caso del Ticino, sono 50’000.
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