Bibì e Bibò all’Expo #day1, un giorno non basta
Sintesi della prima giornata: una piacevole sorpresa
Bibì e Bibò arrivano all’Expo in treno, alla stazione di Rho Fiera, precisi come due svizzeri, alle 9.45.
Sono un po’ preoccupati di trovare la strada, ma scegliendo il più classico dei comportamenti ignoranti (seguire supinamente la massa) non incontrano nessun problema: binario-scala-sottopassaggio-mezzanino, ed ecco una specie di esplosione di vetrine di uffici dedicati ad Expo. Tutti con le loro belle insegne: informazioni, shop, ufficio questo e ufficio quello. Chiusì, però. Quasi tutti. Ma con dei bellissimi adesivi sulle vetrate a nascondere i lavori ancora in corso (notare gli scatoloni nella foto dell’ufficio informazioni). Bene ma non benissimo.
Entrata in materia
Si passa oltre, seguendo comitive di taiwanesi e scuole elementari guidate da energiche e concentratissime suorine, e dopo un centinaio di metri, ecco palesarsi l’entrata all’Esposizione mondiale. Sono le 10 precise. I cancelli si aprono. Un po’ di fila, ma niente di che, ci sta.
Già all’ingresso si nota subito il dispiegamento di forze di sicurezza: carabinieri, polizia, esercito, ma anche la finanza e persino la polizia penitenziaria. Oltre alle agenzie di sicurezza: Bibò prova a chiedere, ma nessuno sa quante siano. Almeno 6-7 risponde un securino. Un po’ di confusione, tantissime divise diverse, dalla mimetica alla giacca e cravatta, senza contare gli addetti di Expo e i volontari, che addirittura sono in borghese, con il più classico dei gilet ad alta visibilità (quello che si tiene in macchina in caso di incidente) con un adesivo di Expo appiccicato sopra. Non professionalissimo ma efficace.
Di buono c’è che di addetti, specie all’entrata, ce ne sono veramente tanti, disponibilissimi e gentilissimi, ti danno la cartina e ti spiegano tutto lo spiegabile. Sopperiscono alla grande all’assenza di segnaletica, di cui non si sente la mancanza ed anzi ti ritrovi ad apprezzare il contatto umano e la possibilità di scambiare due parole invece di seguire dei freddi cartelli.
Pronti via ed ecco il Padiglione 0, quello dell’ONU
Architettonicamente imponente. Bibì e Bibò vengono accolti da una parete di cassetti e statue in legno che li osservano altere.
Anche all’interno assidua la presenza degli addetti, gentili, premurosi, attenti. Ce n’è addirittura uno (non scherzo) che di mestiere fa quello che avvisa la gente che l’ultimo scalino di una certa scala è scivoloso.
Il padiglione è bello, ma lascia un po’ disorientati. Una specie di entrata in materia, che ti spiega che si parlerà di cibo, con qualche video, qualche modellino, un’istallazione realizzata con le sementi di mezzo mondo, e la “borsa degli alimenti” che informa sul prezzo delle materie prime in ogni parte del mondo. Ben realizzato ma non entusiasmante.
Ridendo e scherzando è passata mezzora e Bibì e Bibò sono al padiglione 0. 0 di 40. Più i cluster.
Ed è subito cantiere
All’uscita i due si trovano davanti a… un cantiere: carriola, betoniera, rumore di martellate e persino gli immancabili muratori bergamaschi.
“Ecco -gongola, l’exposcettico Bibò- non hanno finito un bel niente! Lavori in corso!”
Ma Bibì attira la sua attenzione su un piccolo particolare: si tratta del padiglione nepalese. In realtà i nepalesi hanno mollato tutto e sono tornati in patria in fretta e furia per aiutare dopo il terremoto. I muratori bergamaschi si sono offerti di finire i lavori. Onore a loro, che oltretutto lavorano “in diretta” sotto i flash dei turisti.
Dal padiglione Nepalese si arriva a quello del Sudan. Chiuso. Bibò fa cortesemente notare che non risultano terremoti in Sudan, ma Bibì già si avvia sul vialone principale di Expo, il Decumano, dove di padiglioni ce ne sono e decine, tutti aperti, e c’è un sacco di gente, e tanti addetti frementi dalla voglia di dare spiegazioni.
Primi assaggini di Expo per Bibì e Bibò.
Padiglione Irlandese. Piccolo, niente di che.
Padiglione del duomo di Milano (con tanto di copia esatta ricoperta in oro della mitica “Madunina”).”Serve a raccogliere fondi -ci dice la direttrice- gli aiuti statali per i restauri sono sempre meno e non bastano”
Padiglione di Kip. Bibì e Bibò tentano di capire di cosa si tratti parlando con due addette asiatiche che sostengono (mentendo sfacciatamente) di parlare italiano, ma falliscono miseramente. Mistero. Quasi tutto chiuso.
Padiglione Caritas. Piccolo, piccolo. Piacevolissima sorpresa. Dentro ci sono alcune opere d’arte contemporanea. Ma soprattutto dei volontari che ti spiegano il loro significato. Non con cartellonistica, depliant o auricolari. Guardandoti in faccia e parlandoti direttamente. Ed ecco che –magia- il messaggio passa: pochi hanno quasi tutto e troppi non hanno quasi niente. Semplice, diretto, efficace. Te lo ricordi.
Prime impressioni
Intanto Bibì e Bibò cominciano a farsi le prime impressioni. È l’Expo del cibo: tra pentole, sementi, sfilatini, campi coltivati e mucche il messaggio arriva forte e chiaro. E gli sponsor ci sono: Ferrero, Algida, Perugina, Illy, Martini. Ma la loro presenza non è ingombrantissima. Lo spettatore non è assalito dalla pubblicità, che rimane un’eccezione nel complesso dell’offerta.
L’ambiente è disteso, persino simpatico, si scherza con gli addetti e con il pubblico. C’è –sorpresa- molto contatto umano. Entri in un padiglione e c’è subito qualcuno che ti viene incontro ti sorride e ti saluta. Cose alle quali non siamo quasi più abituati.
Certo: siamo all’inizio. Viene da chiedersi se dopo dei mesi la bella ragazza ecuadoriana che ci ha spiegato le bellezze delle Galapagos con evidente orgoglio e piacere non si sarà stufata di raccontare le stesse cose centinaia di volte al giorno per oltre un centinaio di giorni. Ma per ora è così. E a Bibì, e persino a Bibò, la cosa piace.
Si scrive Cechia ma si legge Pilsner
Il padiglione della repubblica Ceca sarebbe pure bello. Punta sul connubio tecnologia e natura. Ad esempio ospita un mini-bosco ripreso da microtelecamere ad alta sensibilità che permettono di vedere letteralmente la fotosintesi in diretta.
Ma qui la presenza della Pilsner, la famosa birra ceca, è veramente eccessiva. Asfissiante. Senza contare il menu del ristorante, tutto basato sulla selvaggina. Cibo in realtà più sostenibile di quello proveniente da allevamenti intensivi, ma magari non proprio in linea con l’ideale ecologico dell’esposizione
Dalla Cechia all’Angola, dal Bahrein al Brasile, Bibì e Bibò iniziano a rendersi conto che i padiglioni si possono dividere in due categorie: quelli che hanno scelto di svolgere il tema dell’Expo “Nutrire il pianeta” con una certa diligenza, e quelli che lo usano come scusa per promuovere specialmente a livello turistico il proprio paese. Padiglioni questi ultimi un po’ furbetti ma non necessariamente noiosi.
Si pranza dagli angolani: riso con Baccalà. 9 euro. Ottimo.
La competizione tra i padiglioni
Si prosegue sul Viale Decumano, caratterizzato dalle tende che lo ombreggiano e lungo i lati del quale si affacciano i padiglioni, e un po’ per volta Bibì e Bibò si accorgono che tra i padiglioni c’è concorrenza. C’è una certa gara a chi attira più spettatori. E un po’ tutti si ingegnano a farlo come meglio riescono: musica, mini show, artisti da strada.
E allora se la Svizzera si gioca il corno delle alpi, ecco che la Slovenia, che sta di fronte, mette in piedi un vero e proprio spettacolo in stile villaggio turistico.
Chi ha detto Svizzera?
C’è chi ha detto “presuntuoso”, chi addirittura “brutto”. A Bibì e a Bibò il padiglione svizzero è piaciuto. La sala dell’acqua, col modellino in granito delle alpi e la fontana sospesa che fa piovere sulle montagne, le 4 torri riempite di acqua, sale, mele e caffè (nestlé –ahi) che si abbassano mano a mano che i visitatori si servono, sono ben pensati ed efficaci. Il pubblico viene sensibilizzato al tema anche grazie –anche qui- agli addetti che spiegano direttamente alle persone il senso delle installazioni. È il modo più efficace, senza ombra di dubbio.
La prima giornata si chiude in crescendo.
Dalla Svizzera alla Germania. Forse il Padiglione più bello tra quelli visitati da Bibì e Bibò.
Tocca fare un po’ di coda, ma ne vale la pena: bello architettonicamente, fantascientifico, psichedelico, coinvolgente e in tema. L’esposizione si divide in diverse parti tutte incentrate sulla sostenibilità e l’ecologia, e si chiude con un vero e proprio show musicale di una ventina di minuti estremamente godibile e coinvolgente. Bello.
Concludendo.
Bibì e Bibò hanno visto in circa 12 ore forse un decimo dell’esposizione. Presto per sentenziare, ma se è vero che non tutto è finito e che qualche operaio qua e là fa capolino, qualche padiglione ha parti non completate, e trovare difetti non è difficile, questa prima giornata ha detto cose positive: tanto contatto umano, nessun inno sfrenato al consumismo come si poteva temere, un po’ di innovazione tecnologica e tanti buoni propositi.
Una prima giornata tutto sommato positiva, quindi. Anche se non mancano stonature e contraddizioni.
In questo senso, se all’ingresso si viene colpiti dal richiamo dell’Onu ad evitare gli sprechi alimentari, esplicitato con la rappresentazione fisica degli stessi…
…all’uscita, a 100metri da Expo, si viene nuovamente colpiti da una scena sinistramente assonante.
A volte il caso gioca brutti scherzi, ed altre volte induce a qualche riflessione.
Gino Ceschina
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