Accolto ricorso contro l’Albo ticinese degli artigiani
Si attendono tempi duri per la legge cantonale sulle imprese artigianali (LIA) che impone l’obbligo di iscrizione alle ditte che intendono lavorare in Ticino.
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tvsvizzera/spal
Il Tribunale cantonale amministrativo (TRAM), come ha scritto il quotidiano la RegioneTicino, ha accolto per la prima volta lo scorso 20 novembre il ricorso di un mobilificio ticinese che contestava l’onere di registrazione all’albo cantonale, ritenuto un limite illecito al suo diritto di svolgere la propria attività economica. Per i giudici amministrativi le restrizioni alla libertà economica da parte della legge cantonale, che ha introdotto un regime autorizzativo, non è giustificata nel settore artigianale.
Lesione della libertà di commercio
La LIACollegamento esterno motivava l’obbligo di iscrizione con l’esigenza di prevenire fenomeni di concorrenza sleale e garantire la qualità dei lavori. Ma la corte cantonale ritiene che nel caso in esame questi requisiti, anche per il criterio della proporzionalità, non possono ledere la libertà economica. Inoltre la sicurezza dei lavoratori, le garanzie di qualità e il rispetto della concorrenza sono già tutelati dalle norme federali e la competenza in materia del legislatore cantonale è per lo meno dubbia.
La vicenda non può però dirsi chiusa poiché sul tema potrebbe essere coinvolto il Tribunale federale. Per il momento il TRAM non si è ancora espresso sulla compatibilità dell’albo cantonale con la legge federale sul mercato interno e con l’accordo di libera circolazione delle persone, che interessa in modo specifico le imprese artigianali domiciliate fuori cantone (in Svizzera o all’estero). In questi ambiti sono stati inoltrati altri sei ricorsi, di cui tre da parte della Commissione federale della concorrenza, su cui si dovrà prossimamente pronunciare sempre il TRAM.
Ma la questione non ha solo risvolti giudiziari: in Ticino una petizione sottoscritta da 4’600 artigiani, che chiede esplicitamente l’abrogazione dell’albo cantonale, è stata depositata lo scorso 21 giugno in Gran Consiglio a Bellinzona, a testimonianza dell’opposizione alle nuove norme di almeno una parte delle imprese locali.
Lotta ai padroncini italiani
Ma qualunque sarà la sorte della LIA, ideata dalle autorità cantonali soprattutto per frenare la concorrenza dei cosiddetti padroncini italiani nel settore dell’edilizia, un’altra misura annunciata proprio ieri risponde alla stessa esigenza. Dal prossimo mese di gennaio infatti le imprese europee che intendono svolgere un qualsiasi lavoro nella Confederazione saranno assoggettate all’obbligo di nominare in Ticino un rappresentante fiscale ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto (IVA), con tutti gli oneri che ne derivano.
Questo significa che il soggetto in questione sarà responsabile dell’osservanza delle prescrizioni sull’IVA (pagamenti, rendiconti, scritture contabili). Finora erano tenute a quest’incombenza solo le imprese che fatturavano 100’000 franchi all’anno in Svizzera mentre dal prossimo anno l’onere graverà su tutte le ditte con un giro d’affari di almeno 100’000 franchi, indipendentemente dal mercato in cui operano.
A questo va aggiunto che resta l’obbligo per le imprese estere di fornire una garanzia a copertura delle richieste delle autorità fiscali elvetiche (imposte, interessi moratori, sanzioni).
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