Dell’Utri condannato per la trattativa Mafia-Stato
Dodici anni di carcere per l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri. Questa la pena inflitta dalla Corte di Assise di Palermo per la cosiddetta trattativa Stato-Mafia. Condanne a pene comprese tra 8 e 28 anni di carcere anche per gli ex vertici del Ros (Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri) Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, Massimo Ciancimino e i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà.
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tvsvizzera.it/fra con RSI
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Gli ex vertici del Ros Mario Mori e Antonio Subranni sono stati condannati a 12 anni per minaccia a corpo politico dello Stato. A 12 anni, per lo stesso reato, è stato condannato l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, a 28 anni sempre per minaccia a corpo politico dello Stato, è stato condannato il capo mafia Leoluca Bagarella. Per lo stesso reato dovrà scontare 12 anni il boss Antonino Cinà.
L’ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno, per le stesse imputazioni, ha avuto 8 anni. Massimo Ciancimino, accusato in concorso in associazione mafiosa e calunnia dell’ex capo della polizia De Gennaro, ha avuto 8 anni.
La Corte ha invece assolto dall’accusa di falsa testimonianza l’ex ministro democristiano Nicola Mancino. Prescritte le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca. Condannati tutti gli altri imputati.
Reato incriminato
“Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte,anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni”. È quanto stabilisce il reato di “Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario” previsto dall’articolo 338 del codice penale e contestato agli imputati nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
In particolare agli ex ufficiali del Ros, imputati e oggi condannati, era contestato di avere veicolato a pezzi delle istituzioni la minaccia allo Stato mossa dai boss (anche loro imputati e condannati) con le stragi del ’92 e del ’93. Stessa accusa per Dell’Utri che si sarebbe fatto “portavoce” delle minacce mafiose presso il governo Berlusconi. Davanti alle bombe mafiose lo Stato avrebbe allentato la lotta ai clan attraverso concessioni, come l’alleggerimento del carcere duro.
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