“… e dopo tutti a nanna!”
La televisione italiana ebbe fino al 1977 un rapporto singolare con la pubblicità. Non trasmetteva spot, come quelli diffusi anche in Svizzera dal 1965, ma un siparietto quotidiano di quattro o cinque cortometraggi, nei quali il messaggio promozionale era preceduto da una scenetta o una breve storia. La Fondazione Magnani-Rocca di Traversetolo, Parma, dedica una mostra a questa irripetibile trasmissione chiamata Carosello.
“La pubblicità non era subita, come può succedere attualmente; era anzi attesa”. Questa frase del direttore scientifico della Fondazione e co-curatore della mostra, Stefano Roffi, riassume la forza di CaroselloCollegamento esterno (1957-1977).
In un’epoca in cui gli inserzionisti erano disposti a spendere, per far conoscere i loro prodotti sfruttando il potenziale del nuovo mezzo di comunicazione, quell’unico spazio poté contare su enormi risorse. Alla produzione dei caroselli parteciparono anche i più grandi registi (inclusi gli internazionalmente conosciuti Leone e Fellini), attori, cantanti, artisti e disegnatori, i cui personaggi d’animazione hanno spesso preso a brillare di luce propria e sono conosciuti ancora oggi (due esempi su tutti: Calimero, La Linea).
E così quella trasmissione, nata in qualche modo per mettere il telespettatore al riparo da una pubblicità aggressiva e fomentatrice di consumismo, consentì comunque “grandi risultati agli inserzionisti”, sottolinea Roffi. Includendo, peraltro, la platea dei più piccoli, dacché nelle famiglie italiane di allora si usava dire ai bambini: “dopo Carosello, tutti a letto”.
La sigla del programma, immutata per vent’anni, si intitola ‘I menestrelli’ ed è l’adattamento strumentale di una tarantella napoletana ottocentesca di autore ignoto, a cura del compositore Raffaele Gervasio, autore di musiche per il cinema, il teatro, la tv.
Alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, nella mostra Collegamento esternoaperta fino al prossimo 8 dicembre, è possibile riguardare fino a 4 ore di caroselli in una dozzina di postazioni d’ascolto. Sono inoltre esposti: tavole, bozzetti e oggetti promozionali [cfr. video e gallery], ma soprattutto manifesti, di quelli affissi lungo le strade in città, sui quali non di rado campeggiavano gli stessi personaggi (animati o in carne e ossa) della TV.
A lungo leader della comunicazione in Italia, “il manifesto convive felicemente con la televisione per tutto il periodo di Carosello”, spiega il direttore della Fondazione, che ha già dedicatoCollegamento esterno una mostra alla pubblicità da fine Ottocento a metà anni Cinquanta. “Le campagne tenevano conto di tutte le possibilità espressive: tv, manifesti, stampa. C’era una strategia che riusciva a colpire in modo articolato il potenziale acquirente”. E che coinvolgeva grandi artisti a tutti gli effetti.
A proposito di artisti: interrogato su quali sorprese gli abbia riservato l’allestimento di questa mostra, Stefano Roffi rievoca un carosello per una marca di amarene sotto spirito e brandy, nel quale il celebre pittore Renato Guttuso realizza un dipinto prima di prendere parte a una scena conviviale. “Mise a disposizione la propria qualità di artista e lo fece serenamente, senza che questo costituisse un problema in qualche modo etico”.
Del resto, nei caroselli, il comunicato commerciale era spesso abbinato a un messaggio etico o a un’informazione utile, come i momenti di educazione stradale promossi da una marca di benzina, o il filmato di una nota ditta di macchine da cucire, che esponeva sì le qualità del prodotto, mettendo però l’accento sulla possibilità di realizzarsi gli abiti da soli e risparmiare sul bilancio familiare.
Anche quando si limitavano a intrattenere e illustrare le nuove possibilità di consumo, i siparietti sottostavano a rigide regoleCollegamento esterno: su 2 minuti e 15 di cortometraggio, la pubblicità vera e propria era relegata agli ultimi 30 secondi, il cosiddetto codino. Erano consentite leggere varianti, seppur con una durata complessiva di 30 secondi e un numero limitato di citazioni del prodotto.
Ma a volte sono proprio le restrizioni ad alimentare la creatività, osserva il co-curatore. Ne nacque una trasmissione unica al mondo, durata 20 anni, con una produzione di 30’000 caroselli (replicarli non era consentito).
Nel 2013, la RAI ripropose il format in Carosello reloaded, con la durata ridotta a 70 secondi per inserzionista. Un’esperienza meno significativa dal punto di vista creativo, ma improntata alla multimedialità: fu diffuso anche via Internet e al cinema.
E così come davano agli italiani di allora “la percezione di quanto l’industria e l’artigianato fossero innovativi e produttivi”, quei caroselli raccontano a noi “la storia molto vivace” di un Paese portato “al benessere e alla creatività, che non si ripiegava su glorie passate ma cercava di creare qualcosa di nuovo”. Tutto questo vide “una collaborazione fra mondo del marketing e mondo dell’arte”, conclude Stefano Roffi, “che ha davvero contribuito a migliorare l’Italia”.
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