Sono passati quasi tre mesi dalla gigantesca frana che il 23 agosto scorso ha colpito la Valle Bregaglia; quattro milioni di metri cubi di roccia sono precipitati a valle dal Pizzo Cengalo trascinando con un sé una colata detritica che ha invaso il paese di Bondo. Il bilancio è pesante: otto escursionisti morti e oltre un centinaio di sfollati.
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Paola Santangelo, Falò RSI
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A Bondo passo dopo passo, opera dopo opera, si sta pian piano tornando alla normalità. C’è però un fronte che ancora fa parecchio discutere: quello sugli interventi di messa in sicurezza della Val Bondasca prima della caduta della frana. Bisognava insomma sbarrare ogni accesso e chiuderla completamente? Falò torna sulla frana che lo scorso 23 agosto ha cambiato la vita agli abitanti di Bondo e commosso tutta la Svizzera e non solo. Anche, appunto, con domande che continuano a chiedere una risposta.
Falò, con immagini esclusive, entra nel villaggio fantasma e nelle case invase dal fango. Il reportage segue la vita di chi ha dovuto scappare, abbandonando tutto dietro di sé e poi alcune domande: se la frana era inevitabile, non si doveva sbarrare la valle? Non si sarebbe dovuto evacuare il paese? Interrogativi aperti di cui abbiamo discusso con il Consigliere di stato grigionese incaricato del dossier, Mario Cavigelli.
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Le operazioni in corso mirano a scaricare il bacino di contenimento. La situazione viene monitorata costantemente per il rischio di nuovi scoscendimenti, anche se nelle ultime ore gli esperti parlano di un leggero miglioramento. Sotto il Pizzo Cengalo un milione di metri cubi di materiale è sempre in movimento e altri 3 milioni di metri…
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