Certificato antimafia negli appalti, Berna è favorevole
L’obbligo di una specifica attestazione per l’aggiudicazione di appalti pubblici potrebbe essere presto introdotto anche nella Confederazione.
Il governo federale ha infatti aderito al postulatoCollegamento esterno del deputato ticinese Marco Romano (Alleanza di centro) con cui si chiedeva la presentazione, da parte delle imprese che hanno la sede principale in Italia, del certificato antimafia rilasciato dalle prefetture, per la partecipazione alle gare d’appalto di una certa rilevanza della Confederazione e, eventualmente, dei cantoni.
Pericolo infiltrazioni condiviso dal Consiglio federale
Per il Consiglio federale, che si dice “ben consapevole dei pericoli che le organizzazioni criminali e il crimine organizzato comportano anche nel settore degli appalti pubblici”, l’atto parlamentare su cui dovrà ora esprimersi la Camera bassa (Consiglio Nazionale), è l’occasione giusta per esaminare se il certificato antimafia italiano possa essere utilizzato in Svizzera come misura di lotta contro la corruzione negli appalti pubblici.
Questo tipo di certificazione, prodotta dalle prefetture sulla base delle informazioni inserite nella specifica banca dati nazionale, attesta che i titolari di società e imprese che hanno rapporti con la pubblica amministrazione, non hanno a loro carico misure di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, divieto-obbligo di soggiorno, condanna o sentenza definitiva o non definitiva per contraffazione, traffico illecito di rifiuti, scambio elettorale politico-mafioso, associazione a delinquere (anche di tipo straniero), sequestro di persona a scopo di estorsione.
Valore aggiunto immediato e significativo
E, a giudizio del parlamentare ticinese al Nazionale – che sempre in giugno aveva depositato una mozioneCollegamento esterno per vietare l’entrata in Svizzera delle persone condannate in Italia ai sensi del 416 bis (associazione mafiosa) – il documento antimafia “genera un valore aggiunto immediato e significativo” a tutela del sistema economico e degli appalti pubblici della Confederazione e dei Cantoni.
A livello politico ci si sta quindi muovendo dopo che le cronache avevano riportato notizie di potenziali infiltrazioni mafiose, emerse dalle inchieste su alcuni importanti appalti, come quello della galleria ferroviaria del Monte Ceneri. Una vicenda che aveva suscitato scalpore per un servizio di Falò della Radiotelevisione svizzera RSI del 2019 cui era seguita l’apertura di un’indagine da parte della procura ticinese.
Un cantiere problematico
Il programma aveva messo in luce in particolare tutta una serie di abusi collegati al cantiere della trasversale ferroviaria di cui si sarebbe resa responsabile la società romana Generali costruzioni ferroviarie (GCF), che faceva parte del consorzio italo-svizzero Mons Ceneris.
Secondo l’ispettorato del lavoro del Canton Ticino l’impresa, che si era aggiudicata l’appalto da 100 milioni di franchi – con un’offerta del 30 per cento inferiore a quella dei concorrenti – per la posa dell’infrastruttura ferroviaria nella galleria, avrebbe sottratto indebitamente ai dipendenti – costretti a turni massacranti – importi dovuti sui salari e sui contributi legali per un valore superiore ai 3 milioni di franchi.
La stessa società è poi finita in un’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano su presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nei subappalti per i lavori di manutenzione sulla rete ferroviaria italiana. In proposito va però precisato che il Giudice delle indagini preliminari italiano ha rifiutato la misura cautelare per due dei principali amministratori de GCF giudicando insufficienti le prove acquisite.
D’altra parte su quello stesso cantiere si erano già concentrate in precedenza le attenzioni della magistratura. Nel marzo del 2018 era finito in manette Duccio Astaldi, amministratore della società Condotte d’Acqua Spa di Roma – responsabile dei lavori di scavo del tunnel del Monte Ceneri – con l’accusa di corruzione.
Scarsa attenzione in Svizzera
Nel 2019 Condotte è uscita dal consorzio attivo sul cantiere AlpTransit (era parte anche di un altro consorzio aggiudicatosi nel 2013 l’appalto per la tecnica ferroviaria e la coordinazione generale), mentre la sua controllata Cossi è passata nelle mani di Salini Impregilo (oggi Webuild).
A suscitare più di un interrogativo è però il fatto che nel 2008, un anno prima dell’attribuzione dei lavori di scavo da parte di AlpTransit al gruppo romano, Condotte aveva perso il certificato antimafia italiano per una vicenda penale collegata a subappalti sulla Salerno-Reggio Calabria. Aspetto questo che fa tornare d’attualità il postulato pendente nel parlamento svizzero su cui negli scorsi giorni ha preso una chiara posizione il governo federale.
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