Chador, Cassis: “L’ambasciatrice ha seguito le leggi del Paese”
Il ministro degli Esteri Ignazio Cassis è tornato sulla vicenda dello chador indossato dall’ambasciatrice svizzera in Iran Nadine Olivieri Lozano nel corso di una visita a un santuario a Qom, che ha suscitato parecchie critiche, non solo in patria.
A margine della riunione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite tenutasi lunedì a Ginevra, il capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha difeso la presenza di una donna nella missione elvetica a Teheran, che a suo dire costituisce, per i diritti delle donne, “il simbolo più forte” da parte della Svizzera.
Il consigliere federale ha ammesso, durante una conferenza stampa, di essersi chiesto se la miglior cosa da fare non fosse stata di inviare un uomo a Teheran ma non sarebbe stato “un segnale opportuno”, nonostante le difficoltà connesse con la scelta fatta. Del resto, ha precisato il capo della diplomazia elvetica, è totalmente inaccettabile che visite in cui Olivieri Lozano è tenuta a indossare il chador siano cancellate : “i nostri ambasciatori devono seguire la legge del paese in cui si trovano, così come avviene per gli ambasciatori stranieri in Svizzera”.
Il consigliere federale ha ribadito che la posizione della Svizzera riguardo alla repressione delle manifestazioni di piazza in Iran da parte del regime dopo la morte della giovane Mahsa Amini, fermata dalla polizia perché indossava il velo in modo scorretto, è stata inequivocabile e ha ricordato le sue condanne in prima persona in diverse occasioni con suoi interlocutori iraniani. In proposito Ignazio Cassis ha fatto sapere che non è previsto un incontro con il suo omologo iraniano Hossein Amir-Abdollahian, considerato come un falco all’interno del regime, che si trova in questo momento in riva al Lemano.
Dissidenti iraniani irritati
Nonostante queste precisazioni, che si aggiungono alla nota ufficiale emanata la settimana scorsa da Berna, non si placano le polemiche sulla vicenda, soprattutto dopo la pubblicazione delle immagini di Olivieri Lozano a Qom con indosso lo chador nero, d parte dell’agenzia di stampa degli studenti iraniani Isna, che sono state riprese dagli attivisti iraniani. “Indossare il velo conservatore è esattamente ciò che non si dovrebbe fare, mentre le coraggiose donne iraniane hanno rischiato tutto per la libertà”, ha scritto su Twitter l’attrice britannico-iraniana Nasanin Boniadi.
Altri utenti si sono aggiunti, tra cui la parlamentare belga Darya Safai, che sempre sul noto social media hanno commentato in modo analogo questo caso.
Non sono ovviamente mancate prese di posizione anche in Svizzera. La parlamentare del Partito del centro Marianne Binder-Keller ha detto che si tratta di uno schiaffo a chi sta protestando. “Mi sembra maldestro lasciarsi ritrarre in questo modo”, ha dichiarato alla televisione pubblica svizzera SRF. “Queste immagini possono essere strumentalizzate, ed è proprio quello che è successo”.
Dal settembre dello scorso anno, l’Iran è teatro di ripetute proteste contro il regime teocratico al potere, scatenate dalla morte di Mahsa Amini mentre si trovava nelle mani della polizia.
Pochi giorni prima della sua morte, la giovane curda era stata arrestata per aver trasgredito le norme che regolano l’abbigliamento islamico nel Paese. La sua famiglia afferma di essere stata vittima di aggressioni da parte della polizia prima della sua morte.
Secondo gli osservatori dei diritti umani, dall’inizio delle proteste sono state uccise più di 500 persone; diversi manifestanti sono stati giustiziati.
Saïda Keller-Messahli, presidente del Forum per un Islam progressista con sede in Svizzera, ha dichiarato sempre al canale pubblico svizzerotedesco SRF che l’intervento dell’ambasciatrice è stato “privo di coraggio”. La Svizzera potrebbe sfruttare il suo status speciale in relazione all’Iran, dove rappresenta gli interessi diplomatici degli Stati Uniti, ha detto Keller-Messahli, rifiutandosi di indossare lo chador.
Le spiegazioni del DFAE
Il Dipartimento federale degli affari esteri ha successivamente spiegato con una nota che l’ambasciatrice ha visitato un’istituzione accademica di Qom che permette agli studenti di partecipare a seminari interreligiosi in Svizzera. Durante la visita al santuario, l’ambasciatrice ha rispettato il protocollo di abbigliamento delle donne.
Nel contempo Berna ha affermato che il dialogo interreligioso è di grande importanza nel contesto attuale e la Svizzera utilizza tutti i canali nell’ambito dei suoi buoni uffici per promuovere gli scambi.
Accademici critici con Berna
Ma per lo studioso di Islam dell’Università di Berna Reinhard Schulze le forme adottate sono in quella situazione “effettivamente problematiche” dato che si sono intersecate con un “contesto di rivolta in Iran” e questo ha fornito una sorte di legittimazione al regime”.
La Neue Zürcher Zeitung ha invece citato Kijan Espahangizi, storico e docente privato all’Università di Zurigo con origini iraniane, secondo cui le immagini da Qom sono “ancora più disastrose” per l’immagine della Svizzera della recente nota di congratulazioni inviata a Teheran dal presidente svizzero Alain Berset in occasione del 44° anniversario della Rivoluzione islamica.
D’altra parte per Tim Guldimann, ex parlamentare ed ex ambasciatore svizzero a Teheran interpellato dal Blick, “è assolutamente fuori luogo che l’abbigliamento di una o un diplomatico venga interpretato come una dimostrazione di simpatia nei confronti del regime iraniano”. L’alternativa, ha aggiunto Tim Guldimann, sarebbe stata quella di interrompere le relazioni diplomatiche ma “non credo che nessuno lo voglia”.
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