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Chi sono le popolazioni nomadi rossocrociate?

area di sosta in mezzo a campi agricoli piena di camper
La creazione di aree di sosta incontra spesso opposizioni. © Keystone / Str

Discriminati per anni, oggi jenisch e sinti sono riconosciuti come minoranze elvetiche. Lo stile di vita nomade che alcuni continuano a mantenere è però sempre più in pericolo a causa della mancanza di aree di sosta sul territorio nazionale. 

Si riducono i finanziamenti per la creazione di aree di sosta per le popolazioni nomadi in Svizzera: l’Ufficio federale della cultura ha infatti deciso che nel triennio 2025-2028 i fondi messi a disposizione di questo scopo passeranno dagli 1,7 milioni del 2021-2024 a 1,3 milioni di franchi. 

In Svizzera sono considerate minoranze nazionali ai sensi della Convenzione-quadro “i gruppi di persone numericamente inferiori al resto della popolazione del Paese o di un Cantone, che sono di nazionalità svizzera, mantengono legami antichi, solidi e duraturi con la Svizzera e sono animati dalla volontà di preservare insieme ciò che costituisce la loro identità comune, principalmente la loro cultura, le loro tradizioni, la loro religione o la loro lingua”. Ad oggi sono riconosciute in Svizzera come minoranze le minoranze linguistiche nazionali, i membri delle comunità ebraiche nonché gli Jenisch e i Sinti e Manouche, indipendentemente dal fatto che abbiano uno stile di vita itinerante oppure no. 

Questo testo appare sulla pagina del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) dedicata alla Convenzione-quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionaliCollegamento esterno, entrata in vigore in Svizzera il 1° febbraio 1999.  

Di queste minoranze fanno parte anche le popolazioni nomadi elvetiche jenisch e sinti/manouche. I primi fanno parte di un gruppo distinto con una loro lingua, lo jenisch. Sono diffusi in tutta Europa, ma vivono principalmente in Germania, Svizzera, Austria e Francia. In Svizzera sono circa 30’000, ma solo una piccola parte (2-3’000) conduce una vita nomade.  

I sinti sono invece i discendenti dei rom che nel Quattrocento emigrarono in Europa centrale e che oggi vivono principalmente in Germania, Francia e Italia. In Svizzera sono meno numerosi degli jenisch, con i quali sono oggi spesso mescolati. Nella Svizzera romanda e In Francia vengono chiamati manouches (ossia: persone) e parlano una variante del romanì, la lingua tradizionale usata dai Rom originari dell’India nordoccidentale, che fa parte dello stesso gruppo dell’hindi e del sanscrito. 

+ La giornata delle comunità nomadi svizzere

Nonostante al giorno d’oggi poche persone conducano ancora una vita nomade, questa caratteristica  rimane una parte fondamentale dell’identità jenisch e sinti. La loro, in realtà, è un’esistenza semi-nomade: nei mesi invernali spesso rimangono in una determinata area di sosta. Le famiglie sono registrate nei rispettivi Comuni e figlie e figli frequentano le scuole locali. Con l’arrivo dei mesi caldi si spostano sul territorio nazionale e ai bambini le scuole inviano il materiale didattico. I mestieri di cui si occupano i membri  di queste comunità sono generalmente lavori tradizionali (arrotini, baracconisti, cestai, venditori ambulanti, ecc), in parallelo si dedicano a piccoli lavori di artigianato (aggiustare, riparare, rivendere metalli vecchi, vestiti, tappeti e oggetti di antiquariato).  

Un po’ di storia 

Fino agli anni Settanta del secolo scorso, le autorità hanno cercato di reprimere, spesso con l’uso della forza, il modo di vita nomade di questi gruppi, obbligandoli alla sedentarietà. Questo quando non cercavano di escluderli del tutto dalla società. “Il modo di vita nomade era considerato instabile e quindi sospetto”, si legge sul sito dell’Ufficio federale della cultura dedicato alle minoranze nazionali”. Talmente sospetto e inaccettabile che nel 1926 la Fondazione Pro Juventute istituì l’opera assistenziale “Bambini della strada”, tramite la quale centinaia di bambine e bambini vennero sottratti alle loro famiglie e vennero collocati in istituti o affidati ad altre famiglie più “tradizionali”.  

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Nel corso di quasi 50 anni (il programma fu sospeso nel 1973 in seguito a un esteso dibattito pubblico e a pressioni mediatiche, in particolare da parte della rivista Der Schweizerische Beobachter) circa 600 minori vennero strappati alle loro famiglie, anche quando queste non avevano  uno stile di vita nomade. La loro colpa è stata quella di appartenere a “gruppi marginali considerati asociali e pericolosi”, soprattutto nei cantoni Ticino, Grigioni, San Gallo e Svitto.  

Sin dagli anni ’80 la Confederazione si è impegnata per riparare i torti subiti dalle famiglie e dai diretti interessati e interessate e ha riconosciuto jenisch e sinti come minoranze ufficiali della Svizzera. Le prime scuse sono giunte nel 1986 dall’allora presidente della Confederazione Alphons Egli. Fino al 1992 sono stati versati 11 milioni di franchi in totale sotto forma di indennizzi. Tra il 2003 e il 2009, nel quadro del programma nazionale di ricerca PNR 51 “Integrazione ed esclusione” sono state  pubblicate diverse ricerche sulla storia jenisch, sinti e rom, focalizzate  sulla costruzione dell’identità e della differenza.  

Infine, il 30 settembre 2016 le Camere federali hanno approvato la legge federale sulle misure coercitive a scopo assistenziale e i collocamenti extrafamiliari prima del 1981, che prevede un’indennità finanziaria di 300 milioni di franchi per le vittime di tali provvedimenti. La legge impone inoltre la conservazione dei relativi documenti, che le vittime hanno il diritto di consultare. 

Aree ad hoc 

Oggi la minoranza che ha ancora uno stile di vita nomade (2-3’000 persone, cui si aggiungono 500-600 roulotte di rom stranieri che transitano per la Svizzera nei mesi estivi) ha bisogno di aree di stazionamento. Mentre in alcuni Cantoni e Comuni la convivenza rimane difficile, in altri sono state create aree apposite per accogliere queste persone. Nel canton Ticino, per esempio, dal 2012 esiste a Giubiasco  un’area provvisoria che si è dimostrata avere successo. Le interazioni tra la popolazione locale e gli jenisch sono positive e ora le autorità cantonali stanno valutando la possibilità di creare un’area permanente a loro disposizione. Esperienze positive sono state segnalate anche dai cantoni Grigioni, Zurigo, Basilea Città o ancora Berna. Non tutti però la pensano allo stesso modo. Il canton Neuchâtel, per esempio, voleva realizzare un’area di stazionamento permanente nella località di Vaumarcus, ma il progetto è stato bloccato dalle organizzazioni di protezione della fauna selvatica WWF e Pro Natura.  

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L’Ufficio federale della cultura ha messo a disposizione di Comuni e Cantoni 1,7 milioni di franchi nel triennio 2021-2024 per la preparazione dei siti di sosta. Denaro che però è stato poco utilizzato, a causa della mancanza di spazi per la loro costruzione, ma anche per opposizioni da parte di popolazione e diverse organizzazioni ambientaliste (come a Neuchâtel). A causa di questo mancato utilizzo, Berna ha deciso che i fondi saranno ridotti a 1,3 milioni nel 2025-2028.  

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Una notizia che fa storcere il naso al direttore della fondazione Un futuro per i nomadi svizzeriCollegamento esterno Simon Rothlisberger, secondo il quale questo taglio “contraddice la necessità di agire, che è davvero molto grande”. Attualmente c’è una mancanza di spazi, ha detto ai microfoni della radio pubblica svizzero-tedesca SRF, e dovrebbero essere creati 50 ulteriori aree di transito per soggiorni brevi in estate e più posti per soggiorni lunghi nei mesi invernali. 

La fondazione diretta da Rothlisberger è stata creata nel 1997 per volere della Confederazione con lo scopo di garantire e migliorare le condizioni di vita dei nomadi in Svizzera, promuovendo la collaborazione tra Comuni, Cantoni e Confederazione.  

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