Alla fine Donald Trump ha deciso di andare avanti, costi quel costi: la stretta sulle importazioni di acciaio ed alluminio ci sarà, come promesso in campagna elettorale. E pazienza se tra i suoi più stretti collaboratori non tutti sono d'accordo.
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tvsvizzera.it/ATS/fra con RSI
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A partire dal consigliere economico Gary Cohn, una delle figure di più alto profilo del suo staff, contrario alle misure generalizzate auspicate dal presidente. Misure che rischiano di innescare una vera e propria guerra commerciale a livello mondiale.
Ecco allora che quello di Trump è per ora solo “un annuncio informale”, senza quell’ufficialità che il tycoon avrebbe desiderato subito. Tanto che alla Casa Bianca erano stati convocati i vertici delle principali industrie Usa dell’acciaio e dell’alluminio, per una sorta di cerimonia in grande stile.
La decisione finale invece è slittata: “La prossima settimana”, ha assicurato Trump, che ha confermato come la sua intenzione è di imporre dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Ma ancora non vi è alcuna certezza. E nessun altro dettaglio è stato reso pubblico dal presidente. Molti i nodi che restano aperti e che – stando a quanto riportano i media – in queste ore hanno scatenato una vera e propria lite all’interno della West Wing.
Le azioni di ritorsione verso gli Usa sono dietro l’angolo. Non a caso, dopo le parole di Trump, Wall Street ha reagito con un improvviso crollo che ha portato il Dow Jones a perdere fino a 500 punti. Non sembrano preoccuparsi però i ‘falchi’ che appoggiano la linea ultra-protezionista del presidente, a partire dal segretario al commercio Wilbur Ross.
Da Berlino a Pechino, da Tokyo a Mosca le reazioni sono unanime: grande preoccupazione per questa decisione unilaterale.
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