Con l’agrovoltaico, alberi da frutto prosperi con metà dell’acqua e dell’energia
Un sistema sviluppato all'Università di Bologna permette il risparmio del 50% di acqua riducendo la luce sulle piante, e quindi il calore, e con sensori che attivano l’irrigazione secondo il reale fabbisogno.
La danza dei teli bianchi battuti dal vento, sopra i meleti, si fa notare subito appena si supera l’ingresso del centro didattico della facoltà di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna, a Cadriano, borgo di campagna alle porte della città.
È qui che negli ultimi tre anni Luca Corelli Grappadelli, professore di Fisiologia degli alberi, ha sviluppato insieme ai suoi studenti il progetto S3O (Smart Specialized Sustainable Orchard), un sistema di tecniche e tecnologie per ridurre l’utilizzo di acqua ed energia nella gestione efficiente di un meleto.
Meno calore, meno acqua
Il risparmio idrico del 50% è possibile grazie a speciali teli che riducono la luce, e quindi il calore, sulle piante, e a sensori che attivano l’irrigazione secondo il reale fabbisogno. Integrando reti antinsetto e un sistema statico di diffusione dei fitofarmaci, S3O consente anche di ridurne l’uso, aprendo la strada agli agrofarmaci biologici.
Infine “Dedalo”, un mini trattore elettrico alimentato ad energia solare, sostituisce il classico trattore a gasolio per i trattamenti degli alberi. Anche i sensori e il sistema di irrigazione sono alimentati ad energia solare, mentre “il prossimo passo — spiega Corelli Grappadelli — sarà l’installazione dei pannelli solari sul frutteto, la cui struttura lo rende particolarmente adatto allo scopo”.
Il sistema agrovoltaico
Così il S3O diventerà a pieno titolo un sistema agrovoltaico, ovvero capace di produrre energia rinnovabile senza però compromettere le attività agricole, anzi essendo l’una un vantaggio per le altre. La quota di luce che oggi viene riflessa dai teli, presto sarà il carburante di un sistema integrato di produzione di energia solare e produzione agricola, la cui resa potrebbe anche migliorare perché “l’ombreggiamento creato dai pannelli solari riduce lo stress termico sulle coltivazioni”, precisa Corelli Grappadelli.
Sfruttare meglio le risorse
Già vent’anni fa, in Italia, alcuni incentivi sull’acquisto di pannelli fotovoltaici misero proprietari di terreni davanti a una scelta: la produzione agricola o la produzione di energia, perché all’epoca la prassi erano gli impianti “a terra”, ovvero con pannelli installati sul terreno e che quindi ne impedivano lo sfruttamento agricolo. Spesso la produzione di energia era più redditizia, soprattutto in zone dove l’attività agricola era frammentaria o sospesa.
Il rischio era che l’abbandono di terreni agricoli aumentasse ancora, così in anni recenti la legislazione è diventata più stringente e via via atta a favorire la nascita di impianti agrovoltaici, che consentono di produrre energia pulita senza rinunciare all’agricoltura.
Oggi, per essere considerato “agro-fotovoltaico”; un impianto deve avere “soluzioni integrative ed innovative con montaggio di moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione”, ma anche “sistemi di monitoraggio per verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico e la produttività agricola” (legge 108/2021).
La regolazione
Lo sviluppo dell’agrovoltaico ha evidentemente acceso l’interesse delle imprese di produzione di energia, i cui interessi non coincidono con quelli delle imprese agricole. In Italia, diversamente da come funziona in altri Paesi, l’agrovoltaico è regolato da un contratto: il provider dell’elettricità realizza l’impianto, cura la manutenzione e gestisce l’energia che produce, mentre l’azienda agricola incassa un affitto (in Italia tra 2.500 e 4.000 € per ettaro all’anno). Nella progettazione sarebbe il piano agronomico a dover dettare le caratteristiche dell’impianto fotovoltaico, e non viceversa, ma questo non sempre accade.
L’impresa energetica è interessata alla massimizzazione del profitto, a scapito della produzione agricola, mentre il produttore agricolo potrebbe non trovare conveniente l’operazione se la frutta o verdura coltivata ha un alto valore di mercato.
“Ma l’accordo tra i due partner è comunque un bene per entrambi — sottolinea Corelli Grappadelli — e anche per la società e per il pianeta, perché innesca una serie di cambiamenti che sono un beneficio per tutti, a cominciare dall’eliminazione dei combustibili fossili usati dai vecchi trattori, sostituiti da mezzi elettrici a energia solare”.
Il potenziale del sistema
Altri limiti dell’agrovoltaico sono i costi di gestione dell’impianto e le competenze richieste all’installatore, poiché si tratta di un sistema di pannelli non convenzionale, che deve tenere conto dell’esigenze tecniche e strutturali dettate dall’agricoltura.
Tuttavia le stime sulle potenzialità dell’agrovoltaico di Social Power Europe, società che nell’Ue fa da anello di congiunzione tra le Istituzioni e le aziende del settore, sono notevoli: se si installassero impianti agrovoltaici sull’1% della superficie agricola europea, si avrebbero 900 GW di potenza, pari a sei volte il totale della capacità fotovoltaica presente oggi in tutti i Paesi dell’Unione.
Non tutte le piante possono… come frumento o mais
Premesso che molto dipende dal tipo di clima e di terreno, non tutte le piante sono adatte alla coltivazione in agrovoltaico, a cominciare da quelle che hanno un grande bisogno di luce come il frumento, il mais, alcune specie di cavolo e la zucca. Funziona bene invece con moltissime altre specie, migliorandone anche la resa, come ad esempio la patata, gli spinaci, l’insalata e alcuni alberi da frutto come gli agrumi. È efficace anche con l’orzo, l’avena, piselli e asparagi, carote, finocchi, cipolle e fagioli.
“Un sistema che non penalizza la fisiologia del melo può essere penalizzante per il pesco — spiega Corelli Grappadelli — al momento ad esempio non possiamo usare i teli bianchi per altri frutti, ma stiamo progettando soluzioni adatte a essi e ci arriveremo”.
“Io sono fiducioso — conclude l’esperto — credo che nei prossimi cinque anni avremo una miriade di impianti agrovoltaici pilota sulle diverse specie, dopodiché ci penserà il mercato a comporne la diffusione; si aprirà una nuova fase che se ben gestita vedrà tutti vincitori: i produttori di energia, le aziende agricole e anche la società, che ne beneficerà grazie ai servizi ecosistemici (i servizi che i sistemi naturali generano a favore dell’umanità come cibo, acqua, purificazione dell’aria, formazione del suolo e impollinazione, ndr)”.
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