Paolo Conte ha incantato il pubblico di Lugano con un concerto in un teatro stracolmo. Le atmosfere d’antan che fanno rima “col rumore che fa il cellophane”: c’era tutto il suo mondo al concerto di ieri sera al LAC.
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Era dall’esibizione al PalaCongressi all’inizio degli Anni Novanta che l’ottantunenne cantautore astigiano non tornava a Lugano, dove con Recital nel 1982 venne registrato proprio dalla RSI il suo primo concerto live.
E l’avvocato prestato alla musica non si è risparmiato e accompagnato da un’orchestra di dieci elementi ha spaziato in oltre cinquant’anni di carriera, prima paroliere poi cantautore. Non ha cantato né Azzurro scritta per Celentano, né Bartali di Jannacci o la Genova per noi di Lauzi, ma riproposto il tradizionale repertorio fatto di ritmi jazz, ambientazioni coloniali e immagini cinematografiche. Un giro del mondo di evocazioni alla Corto Maltese, sinestesie in musica (“verde milonghe”, “diavolo rosso” e “tinelli marròn”).
Tante madeleine per il pubblico “contiano” che nonostante il prezzo del biglietto non proprio popolare ha stipato ogni posto della sala teatro e che alla fine, dopo il tradizionale bis – Via con me con il ritornello “it’s wonderful, it’s wonderful” scandito dal battimani – gli ha tributato un’immancabile ed entusiasta standing ovation.
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