Al via in Svizzera storico processo per crimini di guerra
L'ex comandante di un gruppo armato attivo durante il conflitto civile in Liberia è a processo da giovedì davanti al Tribunale penale federale di Bellinzona. È la prima volta che un processo di questo tipo viene organizzato in Svizzera.
Reclutamento e impiego di un bambino-soldato, trasporto forzato, saccheggio, trattamento crudele dei civili, tentato omicidio, omicidio (direttamente o tramite ordini), profanazione di cadavere e stupro: le accuse nei confronti di Alieu Kosiah rappresentano un vero e proprio catalogo degli orrori della guerra civile che tra il 1989 e il 1997 e in seguito tra il 1999 e il 2003 ha fatto oltre 300’000 vittime (tra civili e militari) in Liberia.
Kosiah – che oggi ha 45 anni – è stato membro della fazione Ulimo (United Liberation Movement of Liberia for Democracy) tra marzo 1993 e la fine del 1995.
L’accusa sostiene che il liberiano faceva parte dello “staff” della milizia e comandava il gruppo “Zebra”, attivo nel nord-ovest del Paese, al confine con la Guinea e la Sierra Leone, in una regione in cui vi sono diversi giacimenti di diamanti.
Le prove raccolte dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) dimostrerebbero che i civili sono stati maltrattati dalla milizia e costretti ad obbedirle. Ad esempio, il bambino-soldato avrebbe seguito Kosiah per il timore di vedere sua sorella violentata e il fratello ucciso.
L’MPC menziona anche il “tabé”, una forma di tortura comunemente praticata durante il conflitto e che sarebbe stata utilizzata a più riprese dal gruppo “Zebra”. Consisteva nel legare i polsi della vittima e poi i gomiti dietro la schiena. Oltre al dolore estremo, questa tortura può causare una paralisi irreversibile e in alcuni casi la morte.
In carcere dal 2014
Il procedimento è stato aperto nell’agosto 2014, in seguito alla denuncia sporta da sette vittime. Alieu Kosiah, che viveva a Berna da diversi anni, è stato arrestato il 10 novembre dello stesso anno. Da allora si trova in detenzione provvisoria.
L’imputato ha sempre respinto le accuse, sostenendo in particolare che all’epoca dei fatti non si trovava nella regione in cui sono stati commessi i crimini.
“È un processo storico per la Svizzera e per la Liberia”, ha dal canto suo commentato alla Reuters Alain Werner, dell’Ong ginevrina Civitas Maxima, che ha presentato la denuncia a nome delle vittime.
Finora nessun liberiano è stato condannato in patria o all’estero per crimini commessi durante la guerra civile.
Inoltre, è la prima volta che un simile procedimento si tiene davanti a un tribunale ordinario svizzero. In passato vi era stato un caso di un ruandese coinvolto nel genocidio, ma ad occuparsene era stato una corte militare, che nel 2001 lo aveva condannato a 14 anni di reclusione per violazione delle leggi della guerra.
Nel 2011, in seguito a modifiche di legge, la competenza per i crimini internazionali – come i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il genocidio – è stata trasferita dalla giustizia militare a quella civile.
Processo in due parti
Inizialmente, il processo nei confronti di Alieu Kosiah si sarebbe dovuto svolgere lo scorso aprile. Si prevedeva di portare in Svizzera 14 cittadini liberiani in qualità di testimoni e/o autori della denuncia. A causa del coronavirus, i dibattimenti hanno dovuto essere rinviati.
Nel frattempo, la Corte penale si è adoperata per organizzare le udienze a distanza, in videoconferenza. Sono stati compiuti numerosi passi per ottenere l’autorizzazione da parte della Liberia e la cooperazione di un paese con una rappresentanza diplomatica sul posto.
A causa di nuove difficoltà, il Tribunale penale federale ha deciso di suddividere il processo, iniziando con l’audizione dell’imputato. Le vittime e i testimoni saranno ascoltati in un secondo momento, eventualmente tramite videoconferenza.
L’opinione dell’esperto Charles Poncet su questo caso:
tvsvizzera.it/mar/agenzie con RSI (TG del 3.12.2020)
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