Credit Suisse al centro del dossier “Suisse secrets”
Una nuova inchiesta internazionale di un consorzio di giornalisti investigativi, pubblicata con il nome di "Suisse secrets" (ovvero "Segreti svizzeri") contiene accuse contro la banca Credit Suisse.
L’istituto bancario elvetico Credit Suisse (CS) di nuovo al centro dell’attenzione: una serie di media lo accusano di aver accettato per anni come clienti trafficanti di droga, dittatori, nonché presunti criminali di guerra e trafficanti di esseri umani.
La società respinge gli addebiti relativi a “presunte pratiche d’affari”.
A puntare i riflettori sulla banca, già interessata da diverse disavventure costate miliardi di franchi negli ultimi tempi, sono le ricerche del quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung (SZ), che si basano su dati ricevuti da una fonte anonima. Le informazioni sono state poi valutare e sfruttate dalla stessa SZ, dalle televisioni tedesche NDR e WDR, nonché da altre testate internazionali come The Guardian, Le Monde e New York Times.
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Presentati come “Suisse Secrets”, i documenti danno informazioni su oltre 30’000 clienti di CS e su 18’000 conti per una somma complessiva di 100 miliardi di dollari. I media in questione sostengono che personalità criminali abbiano potuto aprire o mantenere conti anche quando la banca avrebbe potuto sapere dei loro illeciti. Fra i clienti figurano numerosi capi di stato e di governo, ministri e capi dei servizi segreti, nonché oligarchi e cardinali.
Tra i nomi menzionati, si ritrovano ad esempio re Abdallah II di Giordania, l’ex presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, deceduto nel settembre 2021, l’ex presidente armeno Armen Sarkissian o ancora l’ex capo dei servizi segreti egiziani Omar Suleiman, accusato di violazione dei diritti umani.
Dal 2017 il segreto bancario svizzero ha smesso di esistere o meglio ha smesso di esistere per i clienti di una serie di Stati.
Ad inizio 2017 sono infatti entrati in vigore i nuovi standard internazionali dell’OCSE sullo scambio automatico di informazioni bancari. In altre parole, gli averi e i redditi dei capitali depositati da clienti stranieri nelle banche svizzere sono comunicati alle autorità fiscali del Paese in cui sono imponibili.
Questo standard non riguarda però tutti gli Stati del mondo. La Svizzera conta attualmente una rete di circa 100 Paesi con cui ha attivato lo scambio automatico di informazioni.
In una presa di posizione mandata all’agenzia di stampa Keystone-Ats Credit Suisse respinge con fermezza accuse e insinuazioni sulle presunte pratiche commerciali della banca. Gli elementi presentati risalgono in parte agli anni 40 del secolo scorso e sono inoltre basati su informazioni incomplete o selettive che sono state estrapolate dal contesto, afferma l’istituto. Credit Suisse fa inoltre sapere che, per motivi legati, non può commentare le potenziali relazioni con singoli clienti. La banca prende le accuse comunque molto seriamente e proseguirà indagini interne che faranno capo anche a esperti esterni.
Da sottolineare anche il fatto che i media svizzeri, ad esempio il Tages-Anzeiger, hanno rinunciato a partecipare all’inchiesta, poiché dal 2015 i giornalisti e le giornaliste elvetiche rischiano una procedura penale se scrivono in merito a dati bancari divulgati in questo modo.
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