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Criptomafia: la mafia 2.0

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Si evolvono le tecnologie e con loro la criminalità. © Keystone

La mafia evolve con la tecnologia: le comunicazioni sono ormai criptate e il denaro usato per le varie operazioni è virtuale e praticamente intracciabile.

Le organizzazioni criminali sfruttano sempre di più le possibilità offerte dalla tecnologia: le cosche mafiose cercano la garanzia dell’anonimato, tanto nelle comunicazioni necessarie allo svolgimento di vari traffici, quanto nelle transazioni finanziarie che ne conseguono.

Il mondo digitale offre alle organizzazioni criminali il terreno ideale su cui muoversi, poiché l’anonimato vi è garantito, sia a livello delle comunicazioni che a quello delle transazioni finanziarie.

Inchieste legate alla Svizzera hanno evidenziato il salto tecnologico compiuto dai clan: l’uso di determinati sistemi è ormai largamente diffuso, in particolare tra le giovani generazioni.

Gli strumenti più usati per comunicare al giorno d’oggi sono i cosiddetti “criptofonini”, ossia apparecchi che usano software speciali, grazie ai quali si riesce a controllare il flusso di informazioni, a evitare intrusioni esterne e a garantire così un dialogo sicuro tra i componenti del gruppo. Per poterli violare occorre conoscerne le specifiche, che – ovviamente – non vengono diffuse. Encrochat e SkyECC sono le piattaforme più note.

Sono per esempio stati usati da un clan di ‘ndranghetisti 2.0, come hanno scoperto gli inquirenti dell’operazione “Cavalli di razza”, scattata nel novembre 2021 in Lombardia. Gli indagati utilizzavano con grande entusiasmo i loro criptofonini, definendoli “bellissimi” e si nascondevano dietro a nickname più disparati (“Sonny Boy”, “Messi”, “Bugatti”, “Popeye”). Questi personaggi si inviavano foto e messaggi su cocaina e hashish da importare in Svizzera o ancora su pistole, fucili ed esplosivi da esportare in Italia.

Non tutti però usano telefoni creati ad hoc, che non sono esenti da rischi al 100% e che costano molto. C’è chi si accontenta di app di messagistica come Signal, app gratuita e scaricabile da chiunque. Il funzionamento è lo stesso di WhatsApp, ma il livello di cifratura è più elevato, poiché vengono criptati anche i metadati.

Le organizzazioni criminali sfruttano, insomma, sempre di più i vantaggi offerti dalla crittografia. Il tempo dei “pizzini” sembra tramontato. Anche le mafie sono entrate nell’era digitale e sono perfettamente aggiornate sulle possibilità che offre il mercato. Inoltre, a differenza delle autorità di perseguimento penale, non conoscono frontiere e non devono sottostare ad alcun tipo di regola.

Di qui l’importanza di appoggiarsi agli esperti esterni, come per esempio il Servizio di informatica forense della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). Hanno la loro importanza anche le inchieste sotto copertura: lo scorso anno l’operazione “Trojan Shield”, coordinata dall’FBI, ha permesso di arrestare oltre 800 persone sparse nel mondo. Criminali che per mesi avevano adoperato, sentendosi al sicuro, una piattaforma creata e venduta loro dagli stessi inquirenti.

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Oltre al telefono, però, esistono altri modi per comunicare e ad aiutare è il Dark Web, il lato nascosto e illecito di internet. Qui si possono trovare i più disparati prodotti illegali (droga, armi, traffico di organi, documenti falsi, materiale pedopornografico), che vengono acquistati con criptovalute, usate, in maniera generale per occultare i proventi di origine illecita. Esiste un registro in cui vengono iscritte tutte le transizioni: la blockchain. Una trasparenza che però è solo apparente: la blockchain è leggibile solo con determinate competenze tecniche e spesso le operazioni finiscono in Paesi che non forniscono assistenza giudiziaria. Una manna, in somma, per chi vuole riciclare soldi sporchi o compiere altri reati finanziari, come le truffe.

Gli inquirenti sono al corrente di questo cambiamento di abitudini e la lotta alla mafia si sta ormai spostando dietro a schermi di computer.

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