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Violati gli smartphone di Renzi e Draghi, due arresti

Respingono ogni accusa i due fratelli Occhionero, Giulio e Maria Francesca, che sono stati sentiti questa mattina dal giudice delle indagini preliminari nel penitenziario romano di Regina Coeli dove sono stati incarcerati ieri per la loro presunta attività di spionaggio su internet nei confronti di politici, imprenditori e persino alti prelati.

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Secondo l’inchiesta condotta dalla polizia postale è stato possibile accertare che i computer e gli smartphone delle vittime venivano infettati con un malware allo scopo di carpire informazioni riservate che venivano poi archiviate in server negli Stati Uniti. In una cartella virtuale gli inquirenti hanno individuato quasi 700 file riferibili a personaggi di primo piano, tra cui l’ex premier Matteo Renzi, la cui posta elettronica risulta essere stata violata lo scorso mese di giugno – il governatore della BCE Mario Draghi, i presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso, ma anche ministeri, dirigenti di grandi compagnie, vertici delle forze dell’ordine e importanti studi legali.

In particolare in un server sono stati catalogati negli ultimi sei anni 18’327 username suddivisi in 122 categorie di personaggi (politica, economia, massoneria, eccetera), 1’793 collegati con la loro password di accesso. I server sono già stati sequestrati dall’Fbi e saranno messi a disposizione della magistratura italiana dopo che saranno evase le relative rogatorie.

Gli indagati rigettano le accuse

“Non abbiamo mai rubato dati né svolto attività di spionaggio”. Si sono difesi così Giulio e Maria Francesca Occhionero nel corso dell’interrogatorio di garanzia oggi a Regina Coeli. “Gli indirizzi mail sono pubblici e alla portata di tutti e non c’è alcuna prova di sottrazione di dati da parte nostra”, hanno detto i fratelli arrestati con l’accusa di cyberspionaggio

Ma non sono ancora chiare, almeno secondo quanto sembra trapelare dall’inchiesta coordinata dalla Procura di Roma, le finalità di questa estesa operazione di cyberspionaggio condotta dal 45enne Giulio Occhionero, descritto come uno schivo ingegnere nucleare, già venerabile maestro di una loggia massonica, e dalla sorella 49enne Maria Francesca, manager a capo di diverse società con un dottorato in chimica.

Per il direttore della Polizia postale Roberto Di Legami, che è stato nel frattempo rimosso per non aver informato i suoi superiori dell’inchiesta, non sembra che i due fratelli abbiano avuto l’intenzione di usare i dati sensibili per arricchirsi, dal momento che negli “8 mesi di accertamenti non ci siamo imbattuti in episodi di ricatto o vendita”. E pare dubbio che la coppia abbia potuto orchestrare e portare avanti una così vasta operazione in completa autonomia.

Forse, ipotizza sempre il dirigente della polizia, occorrerebbe concentrarsi sui legami con la massoneria, di cui Giulio Occhionero era un esponente, dove “il dossieraggio è fonte di potere” e l’informazione personale vale come “moneta di scambio per guadagnare più influenza”. A convalidare questa ipotesi vi sarebbero alcuni collegamenti con l’inchiesta sulla P4, in particolare legati al malware utilizzato che è identico a quello di Luigi Bisignani, il principale indagato nell’indagine della Procura di Napoli.  

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