La trasformazione della Turchia in una repubblica presidenziale, approvata dal referendum era da anni un obiettivo di Recep Tayyip Erdogan. Scopo dichiarato: favorire la stabilità e la governabilità, superando il sistema parlamentare. Ma per l'OSCE non sarebbero stati rispettati gli standard internazionali. Proteste in tutta la Turchia. E il partito filo curdo pronto a rivolgersi alla Corte di Strasburgo.
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tvsvizzera.it/fra con RSI
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L’entrata in vigore della riforma costituzionale, composta di 18 articoli, è prevista il 3 novembre 2019, con l’elezione contestuale di presidente e parlamento.
Cosa cambia
Alcuneprevisioni saranno immediatamente operative: Erdogan potrà tornare a essere formalmente iscritto al suo partito Akp, i membri del Consiglio superiore della magistratura (Hsyk) verranno ridotti e saranno definitivamente abolite le corti militari. La riforma concentra il potere esecutivo interamente nelle mani del presidente, abolendo la figura del primo ministro. Il capo dello Stato, eletto direttamente, nomina e revoca non solo i ministri e i suoi vice, ma anche alti funzionari dello Stato, molti dei giudici più importanti, diplomatici e rettori universitari.
Sospendere le trattative Ue
Il presidente della Commissione Affari esteri del Bundestag, Norbert Roettgen, ha chiesto di sospendere formalmente le trattative per l’ingresso della Turchia nella Ue, dopo il referendum di domenica. “Proseguire i negoziati di adesione con un Paese che si è schierato contro i principi fondamentali dell’Europa, cioè quelli dello stato di diritto e della democrazia, sarebbe una contraddizione in termini”.
Può inoltre decretare lo stato d’emergenza, emanare decreti e sciogliere il parlamento. Il presidente può essere eletto per due mandati di cinque anni, estensibili a un terzo in caso di scioglimento anticipato della seconda legislatura: così, Erdogan potrebbe restare al potere fino al 2034.
Cambia anche la composizione del parlamento, che passa da 550 a 600 membri, con un abbassamento da 25 a 18 anni dell’età per candidarsi ed essere eletti. La Grande assemblea di Ankara, che non vota la fiducia, viene eletta per cinque anni e si rinnova contestualmente al presidente.
Per decidere l’impeachment del capo dello Stato, rinviandolo al giudizio della Corte suprema, occorrerà una maggioranza dei due terzi dei deputati. Si modifica inoltre il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario. La Corte costituzionale viene ridotta a 15 membri, di cui dodici nominati dal presidente e tre dal parlamento, mentre il Consiglio superiore della magistratura diventerà di tredici membri: quattro scelti dal presidente, sette dal parlamento, mentre gli altri saranno membri del governo.
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OSCE: non rispettati gli standard internazionali
La campagna per il referendum in Turchia sul rafforzamento dei poteri del presidente Recep Tayyip Erdogan non è avvenuta nel rispetto degli standard internazionali. Lo ha indicato una missione comune di osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e del Consiglio d’Europa. “In generale, il referendum” sul presidenzialismo di ieri in Turchia “non è stato all’altezza degli standard del Consiglio d’Europa. Il contesto legale è stato inadeguato allo svolgimento di un processo genuinamente democratico”. Così Cezar Florin Preda, a capo della delegazione di osservatori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
Ricorso alla Corte europea
Se la Commissione elettorale suprema turca (Ysk) non annullerà le contestate schede senza timbro, votate nel referendum di ieri sul presidenzialismo, l’opposizione è pronta a ricorrere alla Corte europea dei diritti umani. Lo ha annunciato il partito filo-curdo Hdp.
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