L’homeschooling ai tempi del Covid
Durante il lockdown, le famiglie hanno dovuto far studiare i propri figli a casa. Ma c'è chi questa scelta l'aveva fatta ben prima della pandemia e senza alcun obbligo. Ora, dopo averla sperimentata, per alcuni genitori la "scuola a casa" potrebbe essere un'alternativa a quella tradizionale.
La matematica pesando le verdure al supermercato o controllando gli scontrini della spesa. La meccanica e la fisica osservando i meccanismi di una bicicletta e la geografia guardando un atlante e indicando gli ultimi posti visitati da una parte all’altra del pianeta. Benvenuti nel mondo dell’homeschooling, l’educazione parentale che prevede che siano i genitori o altre figure ad impartire l’istruzione ai propri figli, senza mandarli a scuola, coprendo anche tutto il corso di studi fino all’Università. Tutto legale e previsto dalla Costituzione italiana che sancisce l’obbligatorietà dell’istruzione, ma non della scuola, appunto.
Erika Di Martino, ex insegnante di inglese, pioniera degli homeschoolers in Italia e fondatrice del network italiano edupar.org, è madre di cinque figli (dai 4 ai 15 anni) che non sono mai andati a scuola. Insieme al marito Matteo che fa il grafico, hanno deciso di intraprendere questa strada tempo fa. Ed Erika ne ha fatto il suo lavoro. Poi è arrivata la pandemia.
“Tantissime famiglie in questo periodo di Covid-19 si sono rivolte a noi per chiederci aiuto”, racconta Erika. “Erano spiazzate. La scuola ha preso il modello scolastico e l’ha sovrapposto alla famiglia che era destabilizzata da quello che stava succedendo. Ma se questo modello che già non è perfetto tra le mura della scuola, viene portato nella famiglia dicendo di fare compiti, ore e ore di video lezioni, come possiamo chiedere a un genitore che se ne occupi? La gente è entrata in crisi”. E poi c’è il capitolo sanitario: “Tanti genitori vivono anche l’incertezza di come sarà il rientro a scuola a settembre”, spiega Matteo. “Non sanno se i loro figli dovranno fare lezione nei plexiglas o tenere la mascherina e vedono in noi un’alternativa”.
Nata alla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti, la pratica dell’homeschooling è approdata in Italia una decina di anni fa. Nel 2016-2017, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, sono 1’226 le famiglie che hanno scelto questa strada. “Ora saranno circa duemila”, aggiunge Erika, “e a settembre me ne aspetto il doppio nel caso in cui si continui a portare avanti questa politica di restrizioni e isolamento che rende difficile l’interazione tra bambini”. Ma la scelta dell’homeschooling presenta non poche criticità.
“La scuola per come è stata costruita nel nostro Paese rimane uno dei più importanti strumenti di diffusione di una cultura di massa: è una scuola per tutti e una scuola di diritto allo studio”, spiega Francesca Antonacci, professore associato di Pedagogia generale e sociale all’Università Bicocca di Milano. “Ci sono famiglie che culturalmente o economicamente sono più fragili e non hanno le stesse possibilità di quelle che possono invece seguire i figli. E questo genera una forbice ancora più grande, laddove l’homeschooling diventa l’unica forma di educazione per i ragazzi. Cosa vuol dire per un bambino crescere al di fuori della dimensione scolastica se non può essere seguito a dovere nel suo percorso di apprendimento?”.
“Sicuramente in questo periodo in cui dovevamo seguire i nostri figli, rivolgerci a figure che avessero già esperienza in quest’ambito può essere stato d’aiuto”, continua Francesca Antonacci. “Però non dobbiamo dimenticare che la scuola svolge un ruolo importante per tanti altri aspetti. I genitori hanno avuto la possibilità di entrare nelle classi, e quindi vedere come avveniva la didattica e questo ha messo magari alcuni in una prospettiva anche critica. Ma bisogna relativizzarlo al periodo emergenziale del Covid”.
Per saperne di più:
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