“La classe politica italiana è avulsa dalla realtà”
Chiara Debenedetti ha lasciato una decina di anni fa l'Italia per continuare la formazione accademica. Dopo il dottorato si è trasferita a Ginevra, città di cui si è innamorata. Presa dalla famiglia e dal lavoro, segue di sfuggita la politica italiana che, secondo lei, non affronta i veri problemi della gente comune.
Chiara Debenedetti ci raggiunge con una scarpa sola ai piedi. L’altra ce l’ha in mano. La scelta di calzare i sandali, anche se il colore si intonava con i pantaloni, s’è rivelata sbagliata. “Improvvisamente s’è staccata la suola nonostante siano quasi nuovi”, dice imbarazzata quando la incontriamo alla stazione di Ginevra. Di sicuro non s’è però pentita di aver scelto di vivere nella città di Calvino. Sposata e madre di due figli di quattro e un anno, Chiara Debenedetti si è trasferita nel 2010 sulle rive del lago Lemano.
La nuova immigrazione italiana e la politica
Questo articolo fa parte di una serie di tre ritratti di italiani e italiane giunti in Svizzera negli ultimi anni ai quali abbiamo chiesto qual è il loro sguardo sulla politica nel loro Paese d’origine, alla luce in particolare delle esperienze che hanno maturato all’estero.
“Marco, il figlio maggiore, ha iniziato la scuola in agosto”, racconta Debenedetti. “Abbiamo conosciuto una realtà nuova, molto professionale. I bambini vengono seguiti molto bene e c’è una grande attenzione nei confronti del loro sviluppo”.
Della politica italiana non nutre la stessa stima. Affrontiamo l’argomento delle elezioni italiane di fine settembre di fronte a un caffè, preso in una paninoteca italiana a un centinaio di metri dalla stazione Cornavin. “Secondo me, i politici dovrebbero cambiare l’approccio ai problemi, abbassando i toni del dibattito”, dice Debenedetti. “C’è una distanza abissale tra la classe politica e la vita reale delle persone comuni. Una distanza che impedisce ai parlamentari di capire quali sono i problemi che la gente deve affrontare nella quotidianità”.
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Innamorata di Ginevra
Cresciuta a Savona, Chiara Debenedetti ha studiato fisica all’Università di Pisa dove ha conseguito la laurea con una tesi sulla collisione di particelle svolta nell’ambito di uno degli esperimenti presso il CERN. Il suo primo incontro con Ginevra risale al 2009. Negli anni successivi, le strade della città internazionale e di Chiara si intrecceranno più volte. “Dopo la laurea ho deciso di candidarmi per un programma di dottorato”, racconta la 35enne. “Ho vinto una borsa di studio dell’Università di Edimburgo. E così per altri tre anni e mezzo ho concentrato le mie ricerche sui test del rilevatore di particelle ATLAS presso il CERN”. Nel 2010, Chiara Debenedetti si trasferisce quindi a Edimburgo. Nella città scozzese vi rimane però solo un anno e mezzo. Due anni del programma di dottorato li passa a Ginevra.
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Con il titolo di dottoressa in tasca, Debenedetti ritorna al CERN come ricercatrice post-dottorato dell’Università della California a Santa Cruz. “Dovevo occuparmi del funzionamento di alcuni aspetti dell’acceleratore di particelle LHC e dell’analisi di dati”, racconta. In quel periodo conosce il futuro marito, anche lui italiano, che a sua volta lavora come ricercatore al CERN. La coppia decide di realizzare il progetto di vita comune a Ginevra. “All’inizio, quando ci occupavamo ancora ricerca, avevamo lasciato aperta l’opzione di tornare in Italia”, racconta Debenedetti. “Ma con il passare degli anni ci siamo innamorati della città. Qui ci troviamo molto bene e abbiamo una bella rete di amicizie”. A far pendere definitivamente l’ago della bilancia verso Ginevra ci ha pensato la nascita del figlio Marco. “Volevamo che crescesse qui”.
La fuga di cervelli
Chiara Debenedetti non è certo l’unica italiana altamente qualificata che ha scelto di vivere all’estero. È il fenomeno della “fuga di cervelli”, in inglese si parla di brain drain che l’Enciclopedia Treccani definisce come “il trasferimento di studiosi e intellettuali da uno Stato a un altro, nel quale trovano migliori opportunità di lavoro e retribuzioni più elevate”.
È una migrazione che colpisce in maniera particolare l’Italia, Paese che si vede privato di risorse umane fondamentali per il proprio sviluppo. Secondo l’OCSE, dal 2002 al 2016, il Belpaese ha perso quasi 11’000 ricercatrici e ricercatori, il numero più alto negli Stati dell’Unione europea.
“Il sistema di assunzioni nelle università poco trasparente ed estremamente burocratizzato rende la ricerca in Italia poco attraente. Serve una riforma profonda per far rientrare i cervelli”.
“Il problema è che un’intera generazione di giovani ricercatrici e ricercatori, dopo aver approfondito e consolidato il sapere all’estero, non fa ritorno in patria”, sintetizza Debenedetti. Stando al rapporto di febbraio 2022 dell’Istituto nazionale di statistica Istat, negli ultimi dieci anni 980 000 italiane e italiani si sono trasferiti all’estero, di cui circa un quarto aveva conseguito almeno una laurea. Nel 2020, poco più di 40 000 giovani italiani tra i 24 e i 34 anni è espatriato. 18 000 erano laureati, ossia due su cinque, mentre solo 6000 sono rientrati in patria, “generando un saldo migratorio negativo che si traduce in una perdita di 12 000 unità […]. Non si arresta, dunque, la fuga di giovani risorse qualificate verso l’estero”, scrive l’Istat.
Il governo italiano ha cercato di arginare questo brain drain con una normativa. In sintesi, chi possiede una laurea universitaria e trasferisce la propria residenza in Italia dopo almeno due anni di lavoro o ricerca all’estero beneficia di sgravi fiscali.
“Secondo me è un contentino, più che una soluzione. Il problema è strutturale”, sostiene Debenedetti. “Il sistema di assunzioni nelle università poco trasparente ed estremamente burocratizzato rende la ricerca in Italia poco attraente. Serve una riforma profonda per far rientrare i cervelli”. I dati danno ragione alla dottoressa in fisica subnucleare. L’Osservatorio italiano per i conti pubblici (Ocpi) dell’Università Cattolica di Milano, indica che dal 2011 al 2020, il saldo migratorio di laureati italiani è peggiorato del 388 per cento.
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La casta politica in Italia
Chiara Debenedetti ha intanto abbandonato la ricerca. Nel 2019 è stata assunta da una piccola ONG internazionale dove si è occupata di raccolta e analisi di dati, una competenza acquisita durante gli studi e nelle attività presso il CERN. Da circa un anno e mezzo lavora per il Comitato internazionale della Croce Rossa. Qui è responsabile di un gruppo di analisti.
Con due bimbi piccoli a carico e un lavoro al 100%, non ha molto tempo da dedicare alla politica. “Ho votato, anche se come italiana all’estero mi sembrava di barare. E poi mi chiedo che senso abbia andare al voto. Negli ultimi dieci anni sono cambiati tanti governi, ma alla prova pratica che cosa è cambiato per le persone della mia generazione che sono rimaste in Italia?”, si chiede Debenedetti.
Per l’expat, i parlamentari italiani sono avulsi dalla realtà della gente comune. Durante gli innumerevoli comizi perdono l’occasione di ascoltare la gente e di cogliere quali sono i problemi reali e quotidiani delle persone comuni. Continuano invece a ripetere gli stessi slogan e concetti, quelli che la base elettorale si aspetta da loro, senza promuovere nuove idee che favoriscano lo sviluppo del Paese. “In Svizzera, i politici fanno la nostra stessa vita”, conclude Chiara Debenedetti. “Prendono il treno, vanno al lavoro in bicicletta, portano i bambini all’asilo nido. Sono confrontati con i tuoi stessi problemi ed è di quelli che si occupano quando siedono in parlamento”.
Le cittadine e i cittadini italiani con diritto di voto residenti all’estero iscritti all’Aire e nelle liste elettorali della Circoscrizione estero votano per corrispondenza. Ricevono il plico con la scheda di voto per posta al proprio domicilio e possono esprimere la propria preferenza entro il 22 settembre, tre giorni prima dell’elezione in Italia. Lo spoglio delle schede provenienti dalla Circoscrizione estero avviene a Castelnuovo di Porto, a Roma, presso il Centro polifunzionale della Protezione civile.
Gli expat possono votare i candidati o le candidate della Circoscrizione estero, suddivisa in quattro collegi: Europa (inclusi i territori asiatici di Federazione Russa e Turchia), America meridionale, America settentrionale e centrale, Africa, Asia, Oceania e Antartide. In totale, alla Circoscrizione estero spettano 12 seggi, 8 alla Camera e 4 in Senato. Le italiane e gli italiani residenti in Svizzera votano per la ripartizione Europa, la più grande, comprendente circa 3,2 milioni di cittadini ed eleggeranno tre deputati e un senatore.
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