Emigrare sì, ma con cognizione di causa
Viaggiare è importante, ma è altrettanto importante fare tesoro delle esperienze di chi ha già alle spalle una storia di emigrazione: è l'obiettivo del Festival delle Spartenze organizzato a Potenza, in collaborazione con l'Associazione Famiglia Lucana di Winterthur, in Svizzera.
Anni Quaranta del XX secolo. La Basilicata è una delle regioni italiane più colpite dall’emigrazione di massa. Migliaia di persone hanno abbandonato le proprie terre per cercare fortuna all’estero. La Svizzera – insieme a Germania e Argentina – è tra le mete più ambite.
Anni Venti del XXI secolo. Decine di borghi lucani sopravvivono a stento al fenomeno dello spopolamento. Dopo gli esodi di massa del 1870 e poi quelli degli anni Quaranta e del Secondo dopoguerra, i giovani e le giovani che oggi vivono quei luoghi pensano di ripercorrere la strada di chi anni prima andò via.
Per ricordare chi se ne è andato e ha costruito la propria vita altrove e per convincere chi ancora oggi vive quei luoghi che un futuro in Basilicata è possibile, l’ottava edizione del Festival delle Spartenze ha scelto di rivolgersi ai giovani per dir loro che viaggiare è importante ma che restare si può.
Incontro anche a Winterthur
È questo il messaggio lanciato a decine di studenti dell’Istituto Tecnico Economico Turistico di Viggianello, borgo di 3’000 anime in provincia di Potenza, durante la seconda di tre tappe del Festival delle Spartenze che culminerà in un viaggio-incontro a Winterthur, nel Canton Zurigo.
Il Festival delle Spartenze, giunto alla sua ottava edizione, si pone come obiettivo quello di unire le storie e le esperienze di chi è andato via, di chi è rimasto e di chi è tornato. Spartenza, dunque, significa divisione e condivisione. O meglio, contaminazione.
“L’obiettivo è provare a far incrociare le conoscenze dei nostri ragazzi con le esperienze dei giovani e delle giovani italiani di seconda o terza generazione nati e cresciuti all’estero”, ha spiegato a tvsvizzera.it Luigi Scaglione, presidente del CSILM, Centro Studi Internazionali Lucani nel mondo.
Il filone lucano del Festival è un’iniziativa dell’Associazione Famiglia Lucana di Winterthur e della Federazione delle Associazioni Lucane in Svizzera. “L’attenzione è caduta sulla Svizzera perché ha una delle comunità lucane più numerose del mondo”, continua Scaglione.
E in effetti a guardare i dati dei lucani iscritti all’Aire, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, è così: il 13,2% di essi risiede nella Confederazione che rappresenta la terza destinazione dopo Argentina (24,2%) e Germania (13,6%).
“Ma quello che contraddistingue i lucani in Svizzera è che essi sono organizzati, integrati e partecipano come protagonisti alla vita sociale ed economica del Paese”, conclude Scaglione. I numeri lo confermano: “Le associazioni lucane nella Confederazione sono undici. Nove di queste fanno parte della Federazione delle Associazioni Lucane in Svizzera”, spiega Giuseppe Ticchio che della Federazione è presidente.
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“Io sono tra coloro che diede vita, nel 1972, all’Associazione Regionale Famiglia Lucana di Winterthur”, spiega Ticchio, “nata per far sì che i corregionali appena arrivati avessero un punto di riferimento e di ritrovo in un Paese straniero di cui spesso non conoscevano né i costumi né la lingua. L’aiuto era pratico. Spesso anche solo per scrivere lettere alle famiglie di chi, analfabeta, non poteva farlo da solo”.
Quelle stesse persone in Svizzera sono rimaste e si sono fatte una vita e una famiglia. E così sono nati svizzere e svizzeri italo-discendenti, alcuni dei quali saranno protagonisti della terza e ultima tappa del Festival delle Spartenze che – dopo Potenza e Viggianello – sbarcherà proprio in Svizzera. “Dieci studenti e studentesse del liceo Galileo Galilei di Potenza dal 24 al 26 marzo incontreranno a Winterthur i loro coetanei nati e cresciuti in Svizzera da genitori o nonni lucani e calabresi”, spiega Scaglione.
“I nostri ragazzi si faranno raccontare come è stata l’integrazione dei loro genitori e dei loro nonni e soprattutto quali difficoltà incontrano loro nel vivere con comunità autoctone. E questo è importante perché abbiamo notato che molti giovani non conoscono la storia dell’emigrazione”, spiega ancora il presidente del CSILM.
Nelle giornate in cui la tragedia di Cutro è ancora impressa negli occhi di tutti, parlare di emigrazione e immigrazione non può che far pensare a chi oggi vede all’Italia come un Paese d’approdo. “La Storia – conclude Scaglione – non ci dice cosa fare ma cosa non fare e non ripetere. Conoscere la storia dell’emigrazione italiana attraverso i discendenti di chi quella storia l’ha vissuta significa anche evitare che si facciano errori nell’accoglienza e nella capacità di conoscenza dell’altro”.
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