Arabia Saudita, riformare l’educazione contro il radicalismo
Tra le riforme avviate dal principe ereditario Mohammed Bin Salam vi è anche quella del sistema educativo, ad esempio rivedendo o sostituendo certi testi scolastici.
“Vogliamo tornare quello che eravamo, un regno con un islam moderato aperto a tutte le credenze. Vogliamo condurre un’esistenza normale e vivere in pace con il resto del mondo, contribuendo nello stesso tempo al suo progresso”: rivolgendosi a un gruppo di investitori internazionali nell’ottobre 2017, Mohammed Bin Salam non aveva nascosto la sua volontà di rinverdire l’immagine dell’Arabia Saudita, associata a un islam rigorista, terreno fertile per la radicalizzazione.
Una svolta che passa anche attraverso l’educazione. Nel regno dei Saud, le autorità stanno ad esempio rivedendo o sostituendo dei testi scolastici che contengono passaggi considerati troppo retrogradi o pericolosi.
Oltre ai libri, la riforma concerne anche i programmi scolastici, la formazione per gli insegnanti e la sostituzione di una parte del personale.
Il clero, che gestisce l’educazione, e più in generale i conservatori non vedono però di buon occhio la riforma, hanno potuto constatare i giornalisti della Radiotelevisione svizzera recatisi alla Fiera del libro di Riad. Da un lato negano che vi siano dei libri di testo che invitano all’estremismo. Dall’altro ritengono che la riforma – o meglio le riforme, poiché quella dell’educazione è una tra le tante portate avanti da Mohammed Bin Salam – sia prima di tutto un tentativo per escludere i settori più conservatori dal potere.
Un’ipotesi che il viceministro dell’educazione Nayyaf Aljabri respinge: “Non c’è opposizione alla nostra riforma. La società conosce bene i rischi, non ha paura dei cambiamenti. In fondo negli anni scorsi ci sono stati attentati anche qui in Arabia Saudita. Gli stessi religiosi ci stanno aiutando”.
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