La verità sta per forza da qualche parte
C'è vita aliena in qualche angolo remoto dell'universo? Probabilmente l'umanità non è mai stata così vicina a dare una risposta a questo vecchio interrogativo. Ma i marziani potrebbero essere solo dei batteri mentre gli ometti verdi rischiano di restare confinati ancora per molto - se non per sempre - nella nostra immaginazione.
Non passa mese senza un nuovo annuncio di progressi nella ricerca di forme di vita extraterrestri. E in questa corsa i ricercatori svizzeri – che sono stati i primi a provare l’esistenza di esopianeti – non sono certo a rimorchio.
A fine di giugno l’Università di Berna annuncia una collaborazione improbabileCollegamento esterno tra i dipartimenti di astrofisica e ingegneria biomedica. Non per studi sulla salute degli alieni – non siamo ancora a questo punto – ma per sviluppare degli strumenti di intelligenza artificiale al fine di automatizzare fastidiose analisi delle immagini.
Nei due casi si tratta di cercare delle molecole. Mentre il medico rintraccia biomarcatori che rivelino la presenza di una malattia nel corpo, l’astrofisico cerca di identificare delle sostanze nell’atmosfera di un pianeta che rivelino la vita sulla sua superficie. E nei due casi, l’esame delle immagini può essere affidato a una macchina che impara man mano che vengono registrati nuovi dati.
Sviluppato dal Centro ARTORG Collegamento esternoper la ricerca in ingegneria biomedica, il procedimento può essere utilizzato dal “Center for Space and Habitability” (CSHCollegamento esterno), entrambi istituti dell’Università di Berna.
Firme del firmamento
Sempre nella ricerca di molecole nell’atmosfera di mondi lontani, l’Università di Ginevra lo scorso mese annuncia i primi test di una nuova tecnicaCollegamento esterno a prima vista molto promettente. Un équipe internazionale, diretta da un ricercatore ginevrino anch’egli membro del Programma di ricerca nazionale PlanetS,Collegamento esterno avrebbe trovato un modo per superare l’enorme problema che rappresenta la luce accecante di una stella quando si tratta di vedere i suoi pianeti: un po’ come cercare di vedere la fiamma di un fiammifero accanto al faro di un camion.
Qui, il trucco è focalizzare la ricerca su un certo tipo di molecola che pensiamo possa essere trovata solo sul pianeta e non sulla stella. I test condotti su delle immagini d’archivio sono conclusivi. Cercando dell’acqua (H2O) e del monossido di carbonio (CO), il pianeta diventa perfettamente visibile, mentre la stella è come “cancellata” perché le molecole di H2O e CO non possono esistere sulla sua superficie, dove sarebbero immediatamente distrutte dal calore.
Questa nuova tecnica non è che ai suoi inizi e i ricercatori sono impazienti di testarla con degli spettrografi molto precisi, montati su telescopi grandiCollegamento esterno e persino molto grandi.
Perché questa ricerca di molecole specifiche nell’atmosfera di pianeti lontani è così importante? I pianeti lontani meritano il loro nome (le distanze sono dell’ordine di decine di migliaia di miliardi di chilometri) e persino i nostri strumenti più potenti non potranno mai contare le auto sull’autostrada. Le molecole, per contro, lasciano una firma nella luce che i nostri spettrografi sanno individuare molto bene. E si pensa che alcuni di loro potrebbero rivelare la presenza di una vita.
L’ossigeno per esempio. In natura, questa sostanza non rimane a lungo allo stato puro. Si lega sistematicamente ad altri, formando ossidi. Questo è quello che è successo sul pianeta Marte, dove tutto l’ossigeno è fissato al suolo, soprattutto sotto forma di ossido di ferro – ruggine – che gli conferisce la sua tonalità rosso-arancione. Ma l’atmosfera della Terra contiene quasi il 25% di ossigeno, perché le piante lo fabbricano continuamente attraverso la fotosintesi. Abbiamo quindi tutte le ragioni per credere che un’atmosfera ricca di ossigeno potrebbe essere quella di un pianeta abitato. E questo fintanto che la chimica della vita è simile a quella che prevale sulla Terra e che l’ossigeno non provenga da un’altra fonte.
Questa ricerca di “biofirme” mobilita molti ricercatori di tutte le discipline e di tutto il mondo. Tre anni fa la NASA ha creato la rete “Nexus per Exoplanet System Science” (NExSSCollegamento esterno), dedicata a determinare l’abitabilità di mondi lontani. A questa rete fanno parte anche due astrofisici dell’Università di BernaCollegamento esterno che sembrano convinti che la nuova generazione di telescopi, tra cui il famoso James-WebbCollegamento esterno, successore di Hubble, potrebbe fornire delle risposte. Ma attenzione, avvertono: “ciò che troveremo non sarà in ogni caso incontestabile”.
I batteri, i nostri vicini
Ma a proposito, perché cercare così lontano? La vita, almeno una forma di vita si trova forse su Marte, o su una delle lune di Giove o Saturno, ovvero sotto il nostro naso – se così possiamo dire parlando di mondi che distano comunque da 60 a 1500 milioni di chilometri.
L’uomo ci lavora. Le sue sonde e i suoi marchingegni mobili esplorano, annusano, fotografano, graffiano il terreno, analizzano e trasmettono i dati da quasi 50 anni.
Non è affatto impossibile che una vita semplice vi si sia sviluppata. Perché sappiamo che gli elementi che costituiscono la materia vivente sulla Terra sono molto abbondanti nell’universo e che molecole complesse, chiamate “prebiotiche” possono formarsi un po’ ovunque, anche in condizioni estreme.
Ne abbiamo trovate sulle comete, su meteoriti e persino nelle nuvole di polvere e gas da dove nascono stelle e pianeti. Proprio il mese scorso, l’Agenzia spaziale europea ha annunciato che la sua sonda Cassini ne ha rilevato nei geyser che sgorgano – attraverso lo strato di ghiaccio – dall’oceano che copre EnceladoCollegamento esterno, un satellite di Saturno.
Europa e Ganimede, le lune di Giove, sono anch’esse mondi-oceano, protetti dal freddo ambientale da uno spesso strato di ghiaccio e riscaldati dagli effetti della marea dovuti alla vicinanza dei loro loro giganteschi pianeti. E pure lì, è possibile che siano comparsi batteri o altre forme di vita. Per non parlare di Titano, la luna più grande di Saturno, l’unica conosciuta fino ad oggi ad avere un’atmosfera densa, stagioni e anche grandi laghi – ma di metano liquido. Nonostante il freddo, gli scienziati vedono molte somiglianze tra Titano e l’inizio della Terra. E anche su Titano abbiamo rilevato molecole prebiotiche, i mattoni elementari della vita.
Ma qualche mattone non fa una casa…
«Sono già tra noi»
Mentre la scienza avanza lentamente, le credenze bruciano tutte le tappe. L’appello lanciato su Facebook preparando l’articolo che state leggendo ha raggiunto più di 12’000 persone. E non sorprende che alcune delle decine di commenti provengano da persone secondo le quali gli alieni sono già venuti a trovarci.
Per altri, l’esistenza della vita nell’universo è molto probabile (“Se fossimo soli, sarebbe un bello spreco di spazio”, ha detto Carl Sagan, astrofisico, divulgatore, scrittore), ma una visita lo è molto meno. Per questo, si dovrebbe ammettere, come scrive uno di voi, “o che la teoria della relatività generale è falsa e che è dunque possibile muoversi alla velocità della luce o addirittura superarla. O la nostra esistenza è un soggetto talmente fondamentale da giustificare una spedizione multi-generazionale verso il nostro pianeta. “
In assenza di prove formali, la questione dell’esistenza della vita o di civiltà nell’immensità dello spazio, ammette per il momento solo una risposta scientificamente onesta:
Non ne sappiamo nulla!
Un libro ce lo ricorda molto bene. Dietro ad una copertina deliberatamente ammaliatrice, che evoca sia la locandina del capolavoro di Ridley Scott sia lo slogan della serie X-Files, “AliensCollegamento esterno” è stato appena pubblicato in francese da “Les Presses polytechniques et universitaires romandes”. Lavoro collettivo, compilato da Jim Al-KhaliliCollegamento esterno, fisico anglo-iracheno e star della divulgazione scientifica d’Oltre Manica, fa il punto su “ciò che la scienza conosce della vita nell’Universo”. E per quanto eccitante sia, potrebbe deludere i sostenitori delle teorie cospirative.
In 19 capitoli, scritti da altrettanti studiosi che spesso hanno dedicato la loro vita alla ricerca della verità, il libro esamina le speranze di trovare la vita nel nostro sistema solare, ma anche la probabilità che abbiamo avuto tutti torto nel voler cercare una vita che assomigli a quella che noi conosciamo. Perché anche sulla Terra ci sono organismi che vivono in condizioni così estreme (temperatura, pressione o assenza di ossigeno) ai quali non importa nulla se consideriamo il loro ambiente “vivibile” oppure no.
Scorrendo le pagine, ci imbattiamo nel Paradosso di FermiCollegamento esterno (“se esistono, perché non li vediamo?”) e nell’equazione di DrakeCollegamento esterno, che ci permette di stimare il numero di potenziali civiltà nella nostra galassia ed è stata proposta appunto dal radioastronomo Frank Drake, padre del programma SETICollegamento esterno. Ma ahimè, in oltre 50 anni di ascolto, i radiotelescopi del SETI non hanno catturato nessuna emissione extraterrestre. E uno dei capitoli sull’origine della vita sulla Terra (o ciò che ne sappiamo oggi) mostra bene che siamo il risultato di una serie di eventi altamente improbabili, la cui possibilità che si verifichi più volte è meno che infinitesimale.
Peggio che Alien
Quanto alla mitologia, gli autori non si accontentano di spazzarla via con arroganza. Al contrario, si tuffano alle sue radici per ricordarci ad esempio che i famosi dischi volanti, così popolari negli Stati Uniti negli anni ’50, non sono altro che un fraintendimento.
Come viene spiegato in questo video di Youtube Hygiène MentaleCollegamento esterno, fortemente raccomandato da un lettore,
“Aliens” dedica anche un capitolo alle migliaia di testimonianze di persone convinte di essere state rapite da extraterrestri. Di nuovo, senza negare a priori la loro veridicità, l’autore propone una spiegazione alternativa basata su due fenomeni psicologici ormai ben noti: paralisi del sonno e falsi ricordi.
Deludente? Forse: ma la “buona notizia” (beh, se così possiamo dire) per i fan della fantascienza è che Alien di Ridley Scott e la sua modalità di riproduzione piuttosto allucinante è perfettamente realistica. Sulla Terra, ci sono molte specie che si riproducono in modi ben peggioriCollegamento esterno.
Non male, no?
Traduzione dal francese di Riccardo Franciolli
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