Fabbrica di munizioni della Ruag venduta alla Beretta
Dopo le indiscrezioni di questi mesi è giunta la conferma: la Ruag ha ceduto la società Ammotec, specializzata nella fabbricazione di munizioni con sede a Thun (Berna) all'italiana Beretta che l'ha spuntata sulle concorrenti (la norvegese Nammo e le ceche Czechoslovak Group e CZ Group).
La holding bresciana si è impegnata a tenere i 2’700 dipendenti in tutti i siti di produzione e distribuzione e la sede di Thun, dove sono impiegati 400 collaboratori, per cinque anni, come del resto avevano chiesto come condizione le autorità federali, proprietarie della Ruag. Non è stato reso noto il corrispettivo della transazione, che sarà completata quando arriverà l’ok delle autorità di vigilanza sulla concorrenza.
Due imprese complementari
A metà febbraio, il presidente e amministratore delegato del gruppo lombardo Pietro Gussalli Beretta aveva espresso il suo interesse per la divisione Ammotec al quotidiano zurighese Neue Zürcher Zeitung. “Noi abbiamo le armi, Ruag ha le munizioni, non c’è sovrapposizione di attività”, aveva detto il dirigente.
Grazie a questa acquisizione il gruppo bresciano, specializzato nella fabbricazione di armi da fuoco leggere per la caccia, lo sport e la difesa, e di binocoli, si ingrandisce sensibilmente, arrivando a superare i 6’000 dipendenti e raggiungendo un fatturato aggregato di circa 1,5 miliardi di euro (1,56 miliardi di franchi al cambio attuale).
Da parte loro le Camere federali avevano dato il loro avallo alla vendita di Ammotec lo scorso autunno, come proposto dal governo federale, ma la decisione non ha fatto l’unanimità.
Critiche in Svizzera
La settimana scorsa l’Unione democratica di centro (destra) aveva chiesto una sospensione dell’operazione che a suo dire minaccia la sicurezza delle forniture di munizioni per esercito e forze di polizia elvetiche.
Ma critiche erano giunte anche da ambienti e organizzazioni di sinistra, sensibili alla questione dei diritti umani. Attraverso la Beretta Defence Technologies (Bdt), la casa madre bresciana ha infatti concluso un accordo nel 2018 con la qatariota Barzan Holdings per la produzione di armi leggere ad alta tecnologia per le forze armate locali.
Il rischio paventato dagli oppositori è che materiale bellico fabbricato nella Confederazione, dove vigono restrizioni severe all’esportazione delle armi, possa finire in un paese criticato sul piano del rispetto dei diritti fondamentali, attraverso l’Italia.
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