Italiano per tutti
I corsi di lingua e cultura italiana rappresentano da quasi 50 anni una delle basi per la difesa e la diffusione dell'italiano e dell'italianità nella Svizzera tedesca e francese. Finanziati in parte da Roma, questi corsi sono però sotto pressione.
“Allora, è vero o non è vero che gli italiani si esprimono spesso con le mani?”. Dalla classe si alza un coro unanime di sì e gli allievi mimano ridendo alcuni dei gesti a loro più familiari.
Una volta alla settimana, per due ore, questi dieci bambini di quarta e quinta elementare partecipano a uno dei corsi di lingua e cultura italiana organizzati nel cantone Neuchâtel.
La maggior parte di loro ha almeno un genitore di origine italiana. Tuttavia non mancano delle sorprese. Arianna, ad esempio, ha genitori argentini e parla italiano solo con la nonna.
Nell’anno scolastico 2015/16 ai 992 corsi di lingua e cultura italiana organizzati in Svizzera partecipavano 10’029 alunni, stando a un rapporto sulla situazione dell’italiano in SvizzeraCollegamento esterno dell’Ambasciata italiana in Svizzera.
Nel 2015, l’Italia ha versato agli enti gestori svizzeri 2,3 milioni di euro.
A questa somma vanno aggiunte le spese per il personale docente e non docente inviato dall’Italia, costato 3,4 milioni di euro.
Le famiglie hanno contribuito con circa 1,6 milioni di euro.
I corsi sono aperti a tutti, poco importa se l’allievo ha un passaporto italiano, precisa la maestra Elisa Kubler-Panozzo. Ad approfittarne sono anche molte famiglie svizzere, in particolare quelle ticinesi che vivono oltralpe. La diffusione è capillare: in quasi tutti i cantoni vengono organizzati dei corsi di lingua e cultura italiana. E in un cantone popoloso e a forte densità di immigrati italiani come ZurigoCollegamento esterno, sono organizzati ogni settimana ben 200 corsi a livello elementare e medio.
Nella Svizzera tedesca e francese, questi corsi rappresentano un pilastro fondamentale per la difesa e la diffusione dell’italiano, una delle quattro lingue ufficiali svizzere. Ad eccezione del Ticino e dei Grigioni, infatti, in nessun altro cantone l’italiano è materia obbligatoria alle elementari e alle medie (dove spesso non è proposto neppure come materia facoltativa). A livello liceale è invece generalmente possibile sceglierlo come materia fondamentale.
Un’occasione unica
Per molti ragazzi, questi corsi rappresentano così una delle rare possibilità di entrare in contatto regolarmente con una lingua che a volte a casa non parlano più.
“Nelle nostre classi i livelli sono eterogenei”, rileva Elisa Kubler-Panozzo. “Alcuni allievi parlano italiano coi genitori, altri solo coi nonni e infine vi sono anche ragazzi che non hanno nessun legame con l’Italia, ma che vogliono scoprire questa cultura e questa lingua”. Sul centinaio di allievi a cui insegna, una quindicina sono in questa situazione.
Al termine dell’iter scolastico, che si conclude alla fine delle medie, i giovani possono fare un esame per ricevere la certificazione PlidaCollegamento esterno, che attesta la competenza in italiano come lingua straniera.
Collaborazione buona, ma…
La collaborazione con le autorità scolastiche locali funziona generalmente bene. A Neuchâtel – caso eccezionale – parte dei corsi degli allievi di elementare trova addirittura posto nell’orario scolastico normale e il voto di fine anno viene iscritto nella pagella ‘svizzera’.
“Gli allievi di origine italiana – spiega la maestra – possono scegliere di seguire il nostro corso invece di fare altre attività inserite nell’orario della scuola svizzera, ad esempio la lezione di disegno”. Se non hanno origini italiane devono invece frequentare i corsi organizzati durante la pausa di mezzogiorno o nel pomeriggio, dopo la fine della scuola ‘normale’.
Anche negli altri cantoni vi è un buon dialogo, osserva Cosimo Pepe, presidente del Comitato italiano per la promozione educativaCollegamento esterno (Cipe), l’ente che si occupa dell’organizzazione di questi corsi a Neuchâtel e a Friburgo. “Può però capitare – aggiunge – che in alcuni cantoni ci siano difficoltà ad avere a disposizione aule, oppure che in alcuni si debba pagarle”, riassume Cosimo Pepe,
Accade anche che certi rappresentanti delle autorità svizzere non siano così ben disposti nei confronti di un’istituzione che si prefigge di promuovere non solo la lingua ma anche la cultura italiana. “Una volta ci siamo sentiti rispondere: ‘se dobbiamo fare qualcosa per l’italiano ci rivolgiamo ai nostri compatrioti ticinesi'”, ci dice Lucia Nicolet-Rizzo, vice-presidente del Cipe.
Calo degli iscritti
Istituiti grazie a una legge del 1971, i corsi sono stati per anni gratuiti e interamente finanziati dal Ministero degli affari esteri italiano.
Col passare del tempo, vista la situazione delle finanze dello Stato italiano, i fondi erogati sono però stati progressivamente ridotti. E il numero di insegnanti inviati dall’Italia (i cosiddetti ‘insegnanti ministeriali’) e pagati direttamente da Roma è stato diminuito. Oggi a Neuchâtel ci sono due insegnanti ministeriali e 12 sotto contratto con l’ente gestore.
Questa situazione ha obbligato gli enti gestori a cercare altre fonti di finanziamento per pagare i professori. Ci si è rivolti quindi alle famiglie. Attualmente a Neuchâtel – così come nella maggior parte degli altri cantoni – viene chiesto un contributo di 300 franchi annui per allievo (250 franchi per il secondo figlio e 200 per il terzo).
Alcune famiglie hanno preferito rinunciare e così si è assistito a un calo degli iscritti. “Nel 2010 a Neuchâtel avevamo un migliaio di allievi, oggi sono 7/800”, osserva Cosimo Pepe.
Problemi finanziari
Inoltre, in alcuni cantoni non tutti pagano la quota. Il contributo è infatti in teoria volontario, poiché l’intento delle autorità italiane è di mantenerli aperti a tutti. “Ci è stato suggerito di chiedere la partecipazione ai genitori. Non c’è però mai stata una direttiva ufficiale secondo cui sono obbligati a pagare qualcosa. Nel nostro cantone funziona bene, poiché il 95% delle famiglie dà il suo contributo. In altri invece si arriva magari appena al 50%”, rileva il presidente del Cipe.
Vi è poi un altro problema: i contributi dello Stato italiano arrivano a volte in ritardo rispetto alle necessità di bilancio degli enti gestori. “L’anno scorso ci hanno comunicato la somma assegnataci in marzo, ma è arrivata in giugno – sottolinea Cosimo Pepe. Il problema è che con i contributi versati dalle famiglie non riusciamo a coprire tutto l’anno scolastico. I nostri docenti dobbiamo però pagarli. Così come dobbiamo pagare gli oneri sociali, l’affitto…”. Quattro anni fa, è andata ancora peggio, poiché i maestri (stipendiati all’ora) sono rimasti senza salario per quattro mesi.
Gli enti gestori devono così cercare di arrabattarsi come possono. Ad esempio, può capitare che in alcuni cantoni si raggruppino dei corsi o che li si concludano in anticipo, risparmiando così sullo stipendio dei docenti.
Le autorità svizzere e italiane stanno attualmente valutando le possibilità per un coinvolgimento della Confederazione nell’organizzazione dei corsi di lingua e cultura italiana.
Un anno fa è stata ventilata l’idea di creare una fondazione italo-svizzera, per eventualmente gestire questi corsi. Da allora – ci indica Diego Erba, coordinatore del Forum per l’italiano in SvizzeraCollegamento esterno – “non vi sono state evoluzioni, anche perché non sono chiari i compiti di questa fondazione e soprattutto chi la finanzierebbe”.
“Per contro – prosegue Erba – la Commissione culturale italo svizzera ha istituito un gruppo di lavoro, presieduto dall’Ufficio federale della cultura e comprendente rappresentanti dei due paesi, con il compito di delineare possibili collaborazioni e coordinamenti per quanto attiene l’offerta dell’italiano nelle scuole”.
In pratica, si tratterebbe di suddividersi i compiti. L’Italia si concentrerebbe sull’offerta di corsi agli allievi in età di scuola elementare, mentre la Svizzera – attraverso i cantoni, competenti per tutto ciò che concerne la formazione – assicurerebbe, in accordo coi cantoni interessati, dei corsi facoltativi di italiano nella scuola media e istituirebbe delle maturità liceali bilingui (italiano/francese o italiano/tedesco) al di fuori della Svizzera italiana, che per il loro avvio potrebbero fruire del sostegno finanziario da parte della Confederazione.
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