Frontalieri, le difficoltà ci sono ai due lati del confine
Il numero di frontalieri e frontaliere continua a crescere, sia in Ticino e nei Grigioni. Ma alle distorsioni sul mercato del lavoro locale (uno su tre è un pendolare estero) si sommano le difficoltà delle imprese italiane che devono fronteggiare l’esodo continuo di dipendenti verso la Svizzera.
Operai, artigiani, infermieri sono sempre più attratti dalle aziende svizzere. Siamo arrivati a 78 mila persone che ogni giorno passano il confine. Un travaso di forza lavoro che dall’altra parte del confine ha conseguenze pesanti.
Le aziende lombarde formano personale che poi spesso (complici salari nettamente più alti) scappa in Ticino. Tra Como e Varese i datori di lavoro devono contendersi le poche nuove leve che si affacciano su un mercato dove ormai quasi la metà dei posti di lavoro vacanti rimane vuoto (il triplo rispetto a dieci anni fa).
Le associazioni di categoria temono in prospettiva una “desertificazione produttiva” e chiedono misure alla Regione e al Governo a Roma. Ma le loro difficoltà non sono forse tutte da imputare alla concorrenza Svizzera.
Sullo sfondo c’è poi l’impatto, tutto da decifrare, del nuovo regime fiscale per questa categoria di lavoratori e lavoratrici che dovrebbe, salvo sorprese, essere applicato a partire dal prossimo gennaio.
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