Frontalieri, novità in arrivo su telelavoro e fisco
Si profila un'accelerazione la prossima settimana sull'imposizione delle lavoratrici e dei lavoratori transfrontalieri e sulle deroghe al regime ordinario riguardanti il lavoro a domicilio.
Mercoledì viene a decadere infatti l’accordo amichevole stipulato nel giugno 2020 tra Italia e Svizzera – e rinnovato l’anno successivo – che in piena pandemia consentiva alla manodopera residente in Italia di lavorare da casa senza implicazioni di tipo fiscale e modifiche del loro status.
Contro la decisione presa lo scorso 23 dicembre da Roma e Berna, che si traduce in un sostanziale divieto per questa categoria di addetti e addette di lavorare da casa, si sono mobilitate nelle ultime settimane le organizzazioni sindacati ai due lati della frontiera, il padronato elvetico e la comunità di lavoro transfrontaliera Regio Insubrica.
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Incontri a Roma
Ma da giorni si sta muovendo la politica, anche perché il tempo stringe. Giovedì i deputati varesini Stefano Candiani (Lega) e Andrea Pellicini (Fratelli d’Italia), quest’ultimo già autore di un’interrogazione sullo stesso tema, hanno avuto vari incontri ai ministeri del lavoro e dell’economia e finanze (MEF) per regolamentare, alla luce degli ultimi sviluppi, il telelavoro per i pendolari attivi in Svizzera, dove non sono previste limitazioni sotto questo aspetto per i lavoratori locali. Colloqui che però, per la loro stessa natura, difficilmente possono sortire soluzioni a breve.
Il nuovo fronte che si sta delineando riguarda invece un ordine del giorno, rivolto al governo, che intende presentare la maggioranza nell’ambito della discussione sulla ratifica del nuovo accordo fiscale italosvizzero sui frontalieri, che dovrebbe tenersi tra martedì e mercoledì prossimi. Si profila quindi un ampio dibattito parlamentare sullo status dei frontalieri che non si limiterà all’aspetto fiscale.
Ordini del giorno al Senato
L’ordine del giorno che verrà presentato la prossima settimana, indica Andrea Pellicini (FdI), “impegna il Governo a trovare urgentemente un accordo con le autorità svizzere per rimodulare le norme sul telelavoro dei frontalieri”.
Sul tavolo c’è la proposta sostenuta dal deputato varesino di emulare l’analoga intesa raggiunta in dicembre tra Berna e Parigi che autorizza frontalieri e frontaliere ad effettuare a distanza fino al 40% del loro orario di lavoro.
L’esperienza vissuta durante l’emergenza Covid, precisa Andrea Pellicini, ha permesso di sviluppare modalità di telelavoro apprezzate sia dai lavoratori, sia dalle imprese, che hanno arrecato “indubbi vantaggi sulla qualità della vita dei frontalieri, ma anche sensibili miglioramenti in tema di traffico veicolare e inquinamento ambientale nelle zone di frontiera”.
Dai banchi dell’opposizione spunta un altro ordine del giorno, a firma del senatore dem Alessandro Alfieri, in cui si chiede la proroga del telelavoro fino a giugno 2023. Un tempo sufficiente per negoziare e concordare un’intesa strutturale con la Confederazione che regoli definitivamente la vertenza e che preveda, nelle intenzioni del proponente, un tetto massimo del 40% di telelavoro per i frontalieri.
Accordo in dirittura d’arrivo
Ma c’è di più. Dopo tergiversazioni, ritardi dovuti anche ai continui cambi di governo e ripensamenti (l’intesa del 2015 che in realtà Roma non ha mai voluto ratificare per le opposizioni che si erano manifestate nei territori di confine) si prospetta un’accelerazione sul nuovo regime tributario della manodopera frontaliera.
Con l’imminente ratifica del testo sottoscritto nel dicembre del 2020 (dall’allora viceministro dell’economia Antonio Misiani e dalla segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali Daniela Stoffel) da parte del Senato – che a livello commissionale lo aveva già adottato poco più di una settimana fa – e il successivo passaggio alla Camera, diventa assolutamente ragionevole la data del 1° gennaio 2024 per l’entrata in vigore della sospirata intesa fiscale.
In proposito va sottolineato che sul versante elvetico l’accordo fiscale era stato approvato il 13 dicembre 2021 dal Consiglio degli Stati (Senato) e lo scorso 1° marzo dal Consiglio Nazionale.
Un accordo che, come è stato ampiamente riferito, pone fine all’imposizione fiscale esclusiva della Confederazione su questa categoria di salariati e salariate (residenti nella fascia di 20 chilometri dal confine) – ad eccezione dei pendolari italiani attivi presso datori di lavoro elvetici anteriormente all’entrata in vigore dell’accordo per i quali varranno ancora le vigenti norme – e alle compensazioni finanziarie (ristorni) versati dai Cantoni ai comuni italiani limitrofi dal 2034.
Per le casse cantonali infine l’aliquota sui redditi, che saranno assoggettati anche al fisco italiano (dedotta una franchigia di 10’000 euro e la quota trattenuta alla fonte dalla Confederazione), passerà dall’attuale 61,2% all’80%.
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