Apre il festival del cinema svizzero
Una vetrina privilegiata per le più recenti produzioni cinematografiche svizzere, la 55a edizione delle Giornate cinematografiche di SolettaCollegamento esterno apre oggi le porte con una novità: il debutto di una nuova direttrice, Anita Hugi. La direttrice vuole ora superare i cliché legati al cinema svizzero e all'identità elvetica.
La sede del festival si trova in un’ex stazione di servizio in una strada anonima fuori dal centro storico di Soletta, con una bandiera dell’Unione Europea che sventola sul tetto. Il Kulturgarage sembra essere il fulcro della vita culturale della città e l’ambiente dell’ufficio del festival è molto rilassato.
Anita Hugi ci riceve dopo una serie di interviste. In qualità di nuova direttrice artistica, lei stessa è un argomento caldo tanto quanto il programma festivaliero. Con una solida carriera nell’industria cinematografica (e nella scena indipendente), in televisione e, più recentemente, come direttrice dell’International Festival of Films on ArtCollegamento esterno di Montreal, è una figura molto autorevole. Ha vaste conoscenze sull’attuale produzione cinematografica in Svizzera.
Giornate cinematografiche di Soletta
Create nel 1966, le Giornate cinematografiche di Soletta sono uno dei festival della settima arte più longevi in Svizzera e il più importante per l’industria cinematografica elvetica. Anita Hugi è la quarta direttrice in 55 anni e sostituisce Seraina Rohrer, che ha diretto le Giornate a partire dal 2011 e ora lavora per Pro Helvetia, istituzione che si occupa di promuovere l’arte svizzera nel mondo. La giuria che assegnerà il premio principale è composta della regista Ursula Meier (FR/CH), l’artista curdo-tedesco Cemile Sahin e il diplomatico svizzero Mirko Manzoni, che recentemente ha promosso i negoziati di pace in Mozambico.
Cinema svizzero, prospettiva globale
Il programma del festival di quest’anno si distingue per alcuni aspetti: la quantità di film prodotti o coprodotti in Svizzera nell’ultimo anno; il ruolo fondamentale svolto dalla Società svizzera di radiodiffusione (SSR, società madre di swissinfo.ch) in quasi tutte le coproduzioni; la globalizzazione del cinema svizzero, in termini di produzione (partnership internazionali), di cineasti – molti dei quali, soprattutto i più giovani, di origine straniera – e di film che spesso sono girati o si svolgono all’estero, in tutti gli angoli del mondo
Hugi non si stupisce del carattere internazionale del cinema svizzero. “Noi svizzeri siamo tutti stranieri, o sbaglio?”, osserva. È più colpita dal numero di produzioni che affrontano la crisi climatica e l’ambiente, nonché da opere che toccano temi più universali, come la vita familiare, l’invecchiamento e le questioni esistenziali.
La direttrice artistica non dà molta importanza ai luoghi comuni e lotta contro di essi. Non crede all’idea che gli svizzeri non abbiano il senso dell’umorismo (o un senso dell’umorismo molto limitato). E sottolinea la sua scelta di programmare “Moskau Einfach” (“Semplicemente Mosca”) di Micha Lewinsky come film d’apertura, una commedia romanzata che scava in uno dei momenti più scabrosi della recente Storia svizzera, il famigerato “scandalo delle schedature” emerso alla fine della guerra fredda.
Trattare con umorismo un argomento così delicato non è un compito facile, ma potrebbe permettere al film di raggiungere un pubblico molto più vasto e assumere un’importanza che va oltre le sue stesse qualità filmiche. “Moskau EinfachCollegamento esterno” ha il sapore de “I fabbricasvizzeri” di Rolf Lyssy (Die Schweizermacher), una commedia sulla polizia degli stranieri che ficca il naso nella vita degli immigrati italiani e di quelli dell’Europa dell’est. La commedia uscì nel 1978, quando il discorso sul tema da parte delle istituzioni era caratterizzato da razzismo e intolleranza, anche grazie al controverso politico di destra James SchwarzenbachCollegamento esterno. Il pubblico del film ha attraversato generazioni e l’opera rimane oggi un punto di riferimento.
Se gli svizzeri sanno essere divertenti, possono anche giocare con lo stereotipo della serietà. Hugi trova nei film svizzeri una qualità speciale nel modo in cui i cineasti trattano i loro soggetti. Non temono di affrontare temi indiscreti o scomodi, contrariamente a quanto avviene nella vita quotidiana.
Libertà, fraternità e uguaglianza
Anita Hugi ha visto più di 600 opere candidate al festival e la sua lista finale conta 178 film, tra cui retrospettive (della regista Heidi SpecognaCollegamento esterno) e omaggi speciali alle pioniere del cinema svizzero come Patricia Moraz, Christine Pascal e Paule Muret. Soletta presenterà quest’anno un programma equilibrato dal punto di vista dell’uguaglianza di genere: i film saranno diretti per metà da registe e per metà da registi.
È un modo con cui Hugi sta lasciando il segno nel festival. Ma è molto modesta quando le viene chiesto come pensa di distinguere la sua direzione. “Prima di tutto, devo conoscere meglio la storia del festival. Si tratta di ‘rispettare la tradizione’, ma comunque, la funzione più importante di una manifestazione come quello di Soletta è l’incontro, per costruire ponti e reti tra le persone”.
Il suo obiettivo è quello di colmare il Röstigraben (“il fossato del Rösti”), una frontiera virtuale che separa la parte francofona e quella germanofona del Paese, grazie a un evento che riunisce gli studenti di cinema delle tre regioni linguistiche principali della Svizzera – francese, tedesca e italiana. E ci sarà anche un dibattito sugli stipendi dei registi e sulle condizioni di lavoro nell’industria cinematografica.
“Voilà… questo è lo spirito di Soletta”, riassume Hugi.
Qui il servizio sull’apertura del Festival:
(Traduzione dall’inglese: Mattia Lento)
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