Gli abusi sessuali della Chiesa cattolica in Svizzera saranno studiati
Storici dell'Università di Zurigo svolgeranno una ricerca sul fenomeno dello sfruttamento sessuale nella Chiesa cattolica svizzera.
“Per decenni sono stati tenuti nascosti casi di violenza sessuale da parte del personale ecclesiastico, sono state ignorate le vittime e i fatti sono rimasti impuniti. È giusto portare alla luce i crimini del passato; prenderli sul serio è un dovere nei confronti delle vittime”, ha dichiarato il vescovo di Coira Joseph Bonnemain, della commissione di esperti “Abusi sessuali in ambito ecclesiale” della Conferenza dei vescovi svizzeri.
Ad occuparsi dello studio sarà l’Università di Zurigo, su incarico della Conferenza episcopale svizzera, della Conferenza delle Unioni di ordini religiosi e altre comunità di vita consacrata (KOVOS) e della Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera (RKZ).
Progetto pilota
Lo studio, che partirà nel marzo 2022 dopo la costituzione di un team di ricerca, ha come primo obiettivo di “valutare le condizioni quadro per riesaminare dal punto di vista storico lo sfruttamento sessuale in ambito ecclesiale dalla seconda metà del XX secolo e costruire in tal modo la base per futuri progetti di ricerca”.
Un comitato scientifico nominato dalla Società Storica Svizzera (SHS) garantirà la qualità scientifica e l’indipendenza del progetto.
Lo choc francese
Due mesi fa in Francia un rapporto era giunto alla conclusione che negli ultimi 70 anni oltre 300’000 minorenni sono state vittime di abusi da parte di ecclesiastici o di collaboratori laici della Chiesa.
In Svizzera non sono finora stati condotti studi del genere. Nel 2016, la Chiesa cattolica elvetica ha creato un fondo di riparazione per indennizzare le vittime di preti pedofili per casi caduti in prescrizione.
I numeri, però, sono ben diversi rispetto a quelli francesi: dal 2010 sono infatti stati segnalati meno di 400 casi, mentre quelli trattati dalla commissione nazionale poco più di 40, stando a quanto riportato dal quotidiano La RegioneCollegamento esterno.
Questi ‘numeri’ nasconderebbero però una realtà ben diversa: ” Molte vittime preferiscono lasciare sepolto l’accaduto, spesso legato a un lontano passato. Io stesso ho preso coscienza del diritto e dell’importanza di ottenere un riconoscimento solo dopo avere elaborato a lungo il trauma”, dichiarava allo stesso giornale Jacques Nuoffer, presidente del gruppo di sostegno alle vittime Sapec.
Ricerche come quelle avviate ora nella Confederazione possono permettere di rompere il muro dell’omertà e fare cadere le reticenze. “Notiamo picchi di segnalazioni dopo notizie clamorose come quella francese. Quella delle vittime che restano in silenzio è una situazione paragonabile a una pentola a pressione, che solo dopo un certo punto inizia a fischiare”, prosegue Nuoffer, che però – come si può sentire nel servizio seguente – esprime anche qualche critica in merito alla procedura scelta dalla Chiesa, in particolare perché non verranno coinvolte le vittime.
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