Gli ospedali svizzeri reggeranno all’urto di Omicron
È improbabile che la temuta e contagiosissima variante Omicron possa mettere in crisi il sistema ospedaliero svizzero. A dirlo sono i ricercatori dell'istituto federale Empa sulla base di uno studio i cui dati essenziali sono stati presentati venerdì a Coira (Canton Grigioni).
Nei tre scenari presi in considerazione nello studio condotto dal Laboratorio federale per la scienza e la tecnologia dei materiali (Empa) – tutti con un tasso di riproduzione del virus Re inferiore a 2 (l’attuale 1,3 e le ipotesi peggiori di indice 1,5 e 1,8) – appare difficile che i reparti di terapia intensiva della Confederazione possano raggiungere livelli critici.
Naturalmente sullo sfondo permangono alcune situazioni di rischio, rappresentate dal potenziale incrocio delle varianti Omicron e Delta e dalla riduzione del personale sanitario al fronte a causa della crescente diffusione dell’infezione.
L’indagine mette in rilievo anche alcune possibili strategie da adottare in questa fase, che andrebbero calibrate a seconda delle specificità dei gruppi a rischio e non più estese indiscriminatamente alla generalità della popolazione.
In ogni caso i rilievi dell’Empa sembrano confermare dati che stanno provenendo alla spicciolata da diversi nosocomi e riportati dai media. Una settimana fa il Blick, che aveva interpellato le venti principali strutture sanitarie, osservava che di Omicron si vedono poche tracce nelle cure intense, tuttora monopolizzate dalla variante Delta, nonostante l’incremento esponenziale dei contagi.
Attualmente, indica l’Ufficio federale della sanità pubblica, le terapie intensive in Svizzera sono occupate al 77% e i pazienti Covid coprono il 24,9% delle disponibilità totali, mentre a inizio mese la loro quota era al 35,9%.
Negli scorsi giorni comunque Patrick Mathys, membro della commissione federale di esperti incaricata dal governo, aveva invitato alla prudenza asserendo che il picco dell’ondata Omicron non è stato ancora raggiunto e la Svizzera rimane uno dei Paesi europei col maggior numero di infezioni da coronavirus.
Inoltre, visto l’alto tasso di positività ai test, si può supporre che molti contagi sfuggano ai conteggi ufficiali dei casi giornalieri – giovedì sono stati 44’842 – che in realtà potrebbero essere oltre 100’000, sempre secondo la valutazione del rappresentante dell’Ufficio federale della sanità pubblica.
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