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Godard ha scelto di morire, ma non tutti possono fare altrettanto

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Jean-Luc Godard durante la consegna del Grand Prix del design, nel 2010 a Zurigo. © Keystone / Gaetan Bally

Jean-Luc Godard è stato un esploratore di territori vergini per tutta la sua vita, ma lo è stato anche nella sua morte. Mentre in Svizzera ogni giorno quattro persone ricorrono al suicidio assistito legale, in molti altri Paesi la questione è ancora dibattuta.

La notizia è stata confermata il 13 settembre: Jean-Luc Godard, 91 anni, si è rivolto a un’organizzazione di assistenza al suicidio per togliersi la vita. “Il suo corpo era stanco. Non riusciva più a tenere il passo”, ha spiegato un amico intimo del regista franco-svizzero. “Non poteva più vivere normalmente a causa di varie patologie invalidanti”.

In Svizzera il suicidio assistito è consentito, ma a condizioni rigorose. Le organizzazioni che offrono questo servizio non devono essere mosse da “motivi egoistici” e il paziente, che deve essere capace di discernimento, deve ingerire lui stesso la sostanza letale.

Exit, la principale organizzazione di assistenza al suicidio del Paese, ha accompagnato alla morte quasi 1’400 persone nel 2021. Exit offre i suoi servizi solo a chi vive in Svizzera e a cittadini elvetici residenti all’estero. Altre organizzazioni, invece, accettano di accompagnare persone provenienti da Paesi stranieri, dove questa pratica è vietata.

Nel maggio 2022, la Federazione dei medici svizzeri (FMH) ha inasprito le condizioni per il suicidio assistito. Il personale medico deve ora condurre almeno due colloqui, a distanza di almeno due settimane, con la persona che desidera porre fine alla propria vita. Il paziente deve dimostrare che la sua sofferenza è insopportabile.

Così è andato a prenderla lui stesso. La morte, e persino la morte desiderata, era già in agguato nell’opera di questo grande malinconico. “Diventare immortali e poi morire”, dice lo scrittore interpretato da Jean-Pierre Melville in Fino all’ultimo respiro. E ne Il bandito delle 11, Jean-Paul Belmondo si lega attorno alla testa dei candelotti di dinamite. 

Godard parla della propria morte nel 1995 in “JLG/JLG”, “un film-sepolcro in cui i salici piangenti portano un lutto sofferto […] gli alberi e il lago rimandano l’immagine di un’ultima stagione, l’inverno”, scrive Le Monde. Nel 2004 ha dichiarato a Libération di aver tentato il suicidio dopo il 1968, “in modo piuttosto ciarlatano, affinché la gente mi prestasse attenzione”. Alla rivista Les Inrockuptibles ha detto di aver pensato più volte di uccidersi e di aver esitato, “per paura”.

>>>Nella trasmissione Pardonnez-moi della Radiotelevisione della Svizzera francese RTS,  nel maggio del 2014 Jean-Luc Godard aveva detto di prendere in considerazione la possibilità di ricorrere al suicidio assistito qualora ne sentisse il bisogno. 

Francia: grande dibattito in vista

Il giorno in cui è stato confermato il suicidio di Jean-Luc Godard, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato l’avvio di una “ampia consultazione cittadina” sulle questioni di fine vita, “in vista di un possibile nuovo quadro giuridico”.

In Francia, la legge Claeys-Leonetti del 2016 proibisce il suicidio assistito, ma consente una “sedazione profonda e continua fino alla morte” per i malati terminali che soffrono molto. Recentemente, il Comitato etico consultivo ha ammorbidito la sua posizione e si è detto pronto ad ammettere “l’assistenza attiva nel morire”, ma solo a “condizioni rigorose”.

Per questo motivo si terranno dibattiti in tutto il Paese, “per raggiungere tutti i cittadini e le cittadine e permettere loro di informarsi e di confrontarsi con le questioni relative alla fine della vita”, si legge nel comunicato stampa dell’Eliseo. Si terranno anche consultazioni con le équipe di cure palliative e con deputati e senatori.

Per la modifica della legge, Emmanuel Macron sta addirittura pensando di indire un referendum, che sarebbe il primo dall’inizio della sua presidenza, nel 2017.

Altrove nel mondo

Attualmente sono dieci i Paesi che consentono il suicidio assistito. L’eutanasia attiva diretta (ossia dove un terzo può somministrare al paziente un’iniezione che conduce alla morte) è consentita in Spagna, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Canada e Colombia. 

Tuttavia, le persone che desiderano porre fine alla propria vita devono affrontare molti ostacoli prima di poter ricevere questa assistenza. Nella maggior parte degli Stati che consentono il suicidio assistito, esso è limitato agli adulti con una malattia incurabile. Solo i Paesi Bassi e il Belgio prevedono il “diritto di morire” anche per i minori di 18 anni.

In Italia, nel settembre 2019 la Corte costituzionale ha autorizzatoCollegamento esterno il suicidio medicalmente assistito, ma solo per quelle persone “affette da patologie irreversibili […] tenute in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale”. Il 16 giugno scorso, Federico Carboni è stato il primo paziente a potervi ricorrere.

Nella maggior parte dei Paesi, soprattutto in Asia e in Medio Oriente, il suicidio assistito e l’eutanasia attiva diretta rimangono tabù, principalmente per motivi religiosi o culturali. 

Traduzione di Daniele Mariani

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