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Da Bruxelles tiepido “sì, ma…” ai raid contro Damasco

Riuniti lunedì, i ministri degli esteri dell'Unione Europea hanno espresso sostegno ai bombardamenti effettuati sabato notte. Tuttavia tutti concordano: ora ci vuole una soluzione politica.

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L’uso di armi chimiche è inaccettabile. Su questo punto i ministri degli esteri europei, incontratisi in Lussemburgo, sono unanimi. Nessuno ha del resto criticato apertamente l’azione congiunta di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.

Per Federica Mogherini, alto rappresentante della politica estera dell’Ue, è però ora necessario rilanciare “un negoziato politico significativo”, anche se – ha ammesso – “le condizioni in Siria non sono migliori” rispetto allo scorso anno. Per cercare di trovare un primo abbozzo per una via d’uscita, il 24 e il 25 aprile prossimi a Bruxelles si terrà la seconda conferenza internazionale sulla Siria, co-presieduta dall’Ue e dall’Onu.

Sulla volontà di evitare l’escalation – e un pericoloso gioco al rialzo con Mosca – ha insistito pure il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas: “Ora è necessario fare di tutto per evitare un’escalation e rilanciare il processo politico. Senza la Russa non si può risolvere questo conflitto. Ed è un bene quanto abbiamo sentito, che la Russia è pronta a un dialogo”.

Il suo omologo britannico Boris Johnson ha dal canto suo ribadito quanto già espresso dalla premier Theresa May: “Questo non era un tentativo di cambiare il corso della guerra in Siria e di liberarsi di Assad”.

A Londra, l’opposizione non ha risparmiato critiche all’operato della May, “rea” di non aver chiesto l’autorizzazione del parlamento prima di dare il nullaosta ai bombardamenti:

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“Si sarebbe potuto aspettare”

In Svizzera, il responsabile degli affari esteri, il ticinese Ignazio Cassis, in un’intervista pubblicata domenica dalla NZZ am Sonntag ha invitato le parti a “misure di de-escalation” e a creare “condizioni per garantire la protezione e l’assistenza umanitaria dei civili”.

Per il ministro della difesa Guy Parmelin, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia “avrebbero potuto aspettare i risultati” dell’inchiesta degli esperti della missione dell’ONU.

Intanto, sul terreno proprio questi esperti non hanno ancora avuto accesso, ufficialmente per ragioni di sicurezza stando a quanto affermano le autorità siriane e russe, alla città di Duma, dove il 7 aprile scorso sarebbe avvenuto un presunto attacco chimico ad opera delle forze governative siriane.

Stati Uniti e Gran Bretagna accusano la Russia di impedire le ispezioni, mentre il Cremlino replica che sono tutte falsità e assicura la massima collaborazione.

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Sull’uso di armi chimiche in Siria, la Radiotelevisione svizzera ha intervistato Bruno Jochum, ex direttore della sezione elvetica di Medici senza Frontiere, che si è recato a più riprese in Siria.


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