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I dieci anni di Fratelli d’Italia, dal PdL al governo

Giorgia Meloni
Dall'opposizione solitaria a Draghi a Palazzo Chigi. Keystone / Stephanie Lecocq

Nato solo dieci anni fa Fratelli d'Italia è diventato il primo partito in Italia e la sua leader ha assunto da meno di due mesi la guida del Paese.

Archiviate le asperità, che si erano tradotte in invettive anti-Europa e in amicizie controverse con esponenti sovranisti europei, in queste prime settimane l’esecutivo più a destra dalla caduta di Mussolini, si è sostanzialmente posizionato nel solco del predecessore Draghi. Non sono certamente mancati episodi contestati, come la recente crisi (apparentemente rientrata) con la Francia in materia di migranti o le norme, ritenute da alcuni liberticide, contro i rave party.

Da partito di lotta a partito di governo

Anche la manovra finanziaria messa a punto in tempi record ha indiscutibilmente strizzato l’occhio ai ceti che compongono la base elettorale della destra (partite Iva, autonomi) ma non ha stravolto le consuete coordinate. Tanto che in questi giorni ha ottenuto l’avvallo non scontato, seppure con alcuni correttivi, della Commissione UE.

In cosa si distingue allora Fratelli d’Italia dal resto dell’arcipelago della destra? Proprio queste prime settimane di governo rendono difficile definirne chiaramente i contorni. Formazione nata nel 2012, da una scissione dal Popolo della libertà (PdL) guidato da Berlusconi, per iniziativa di Ignazio La Russa e Guido Crosetto, FdI intendeva recuperare i valori della destra perpetuati da Alleanza Nazionale.

E nel simbolo del partito è riapparsa la controversa fiamma di “missina” memoria. Un aspetto che non le ha impedito di aumentare costantemente i suoi – iniziali scarsi – consensi, a spese degli alleati Berlusconi e Salvini che hanno a turno dilapidato i loro successi elettorali.

Pragmatismo di governo

L’approccio pragmatico di Giorgia Meloni, assai distante dalle invocazioni patriottico-religiose ribadite non troppo tempo alla platea di Vox, formazione dell’estrema destra iberica, sembra poterle garantire un futuro politico di primo piano nell’ampio schieramento moderato.

Una conferma di questa posizione, che sembra offrire una risposta ai molti interrogativi sollevati anche a livello europeo, è giunta proprio martedì dalla stessa presidente del Consiglio, che ha definito le Leggi razziali fasciste del 1938 “una macchia indelebile”, “un’infamia”, e “il punto più basso della storia italiana”. Per questo anniversario il Tg propone un reportage in cui vengono riportati gli umori dei militanti del partito trovatosi a guidare il Belpaese.  

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