Ignazio Cassis è il nuovo presidente della Confederazione
Il ticinese, responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri, è stato eletto mercoledì dall'Assemblea federale.
Dopo oltre 20 anni – l’ultimo era stato Flavio Cotti nel 1998 – la Svizzera italiana ha di nuovo un presidente della Confederazione.
Il consigliere federale ticinese ha ricevuto 156 voti su 197 schede valide. Il risultato di Cassis non è particolarmente brillante: dal 2014 ad oggi tutti i presidenti designati avevano ottenuto più di 180 voti.
Nel suo discorso, il neoeletto ha parlato soprattutto della pandemia, che ci ha sì “separati, ma non divisi”. Cassis ha in particolare espresso l’auspicio che il 2022 possa essere all’insegna “dell’ascolto reciproco, dell’equilibrio fra le parti e della creatività per scoprirci più forti e uniti di prima”.
“La pandemia impone pazienza, molta pazienza. Il virus rimarrà ma la crisi avrà una fine”, ha proseguito, ribadendo pure l’importanza della libertà, “che è il nostro bene più prezioso”. Ma la libertà va anche di pari passo con la responsabilità “nei confronti delle generazioni future e dei più deboli della nostra società”, ha aggiunto il ministro degli esteri.
Il consigliere federale ticinese ha poi speso qualche parola anche sulla visibilità che il suo incarico può dare alla terza Svizzera: “Oggi la Svizzera italiana torna presidente di tutto il Paese”, ha sottolineato.
Un presidente di origini italiane
Ignazio Cassis è entrato in Consiglio federale nel novembre 2017 e da allora è alla testa del Dipartimento federale degli affari esteri.
Nato nel 1961 da genitori italiani, ha ottenuto la cittadinanza svizzera a 15 anni e ha poi rinunciato a quella italiana (una scelta che ha provocato qualche polemica), quando si è portato candidato per l’elezione in Governo.
Medico di formazione, ha dapprima esercitato la professione in ambito clinico, poi dal 1996 al 2008 ha ricoperto la carica di medico cantonale in Ticino.
Membro del Partito liberale radicale (destra), si è candidato una prima volta per le elezioni in Consiglio nazionale (Camera bassa) nel 2003, fallendo l’obiettivo. È andata meglio quattro anni dopo. Riconfermato in Consiglio nazionale nel 2011 e nel 2015, Cassis è riuscito a scalare le gerarchie del partito diventando anche capogruppo liberale radicale alle Camere federali.
Un ministro poco amato
Durante questi quattro anni in Governo, il ticinese ha dovuto far fronte a numerose critiche, in particolare per la gestione del dossier europeo e la rinuncia all’accordo quadro con l’UE, per la riorganizzazione del corpo diplomatico e il nuovo orientamento dato all’aiuto allo sviluppo o ancora per una controversa visita a una miniera in Zambia della Glencore.
Strenuo difensore del plurilinguismo, può però annoverare anche alcuni successi, ad esempio con l’organizzazione del vertice a Ginevra tra Joe Biden e Vladimir Putin.
Successi che non lo rendono comunque più popolare: tutti i sondaggi effettuati tra la popolazione lo indicano come il consigliere federale meno simpatico e meno influente.
Il quinto italofono
Ignazio Cassis è il quinto svizzero italiano ad essere eletto alla presidenza della Confederazione.
Prima di lui erano arrivati alla più alta carica dello Stato Giuseppe Motta (per cinque volte, la prima nel 1915), Enrico Celio (1943 e 1948), Nello Celio (1972) e infine Flavio Cotti (1991 e 1998).
Due sono invece i consiglieri federali ticinesi che non hanno mai assunto né la carica di presidente della Confederazione né quella di vicepresidente. Si tratta di Stefano Franscini e di Giovanni Battista Pioda.
“Primus inter pares”
L’elezione del presidente della Confederazione è un appuntamento che si ripete ininterrottamente dalla nascita dello Stato federale nel 1848: durante la sessione invernale le due Camere del Parlamento riunite lo nominano tra uno dei sette membri del Consiglio federale (esecutivo).
Il presidente resta in carica solo un anno e non ha poteri particolari. È un “primus inter pares” (primo tra pari), poiché la funzione di capo dello Stato resta nelle mani dell’insieme del Collegio governativo. Ha però dei compiti specifici, in particolare di dirigere le sedute del Governo e di assumere determinati doveri di rappresentanza, ad esempio tiene i discorsi di Capodanno e della Festa nazionale del primo agosto. Da una trentina d’anni, è anche consuetudine che si rechi all’estero per visite ufficiali.
Questa “scelta di evitare un’impostazione personalistica dei vertici dell’organizzazione statale”, ricorda il Dizionario storico della SvizzeraCollegamento esterno, “affonda le sue radici nella storia della vecchia Confederazione […]. Una concentrazione del potere esecutivo nelle mani di una sola persona era esclusa, dal momento che la Confederazione era una lega di piccole entità territoriali, diverse tra loro per lingua e cultura politica, non disposte a rinunciare alla loro sovranità statale”.
Regole non scritte
La regola non scritta, applicata dalla fine del XIX secolo, è quella del principio di rotazione: viene eletto presidente il consigliere federale in carica da più anni che non ha ancora ricoperto questo incarico o che non svolge questa funzione da più tempo.
Un’altra regola non scritta è che l’elezione avviene in modo generalmente consensuale: raramente i parlamentari manifestano la loro disapprovazione verso tale o tal altro ‘candidato’. L’anno scorso, ad esempio, Guy Parmelin ha ricevuto 186 voti su 210. Negli ultimi vent’anni, solo l’elezione della socialista Micheline Calmy-Rey nel 2011 era stata contestata: l’allora ministra degli esteri aveva ricevuto solo 106 voti, uno dei peggiori risultati della storia.
Le cifre dell’elezione rappresentano quindi soprattutto una sorta di termometro del gradimento di cui gode il consigliere federale.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Partecipa alla discussione!