Il cioccolato svizzero è in pericolo?
Il cioccolato svizzero rischia di essere escluso dal mercato europeo a causa di un nuovo regolamento dell'Unione Europea.
Nonostante la popolazione elvetica sia una grande consumatrice di cioccolato (stando ai dati più recenti Collegamento esternoogni abitante in Svizzera ne mangia 11 chilogrammi all’anno), i tre quarti di quello prodotto nel Paese vengono esportati (nel 2022 delle oltre 206’000 tonnellate fabbricate, quasi 151’000 sono state vendute all’estero).
L’importatore principale di cioccolato svizzero è la Germania (29’854 tonnellate nel 2022), seguita da Canada (13’719), Francia (12’982), Regno Unito (9’945) e Stati Uniti (9’195).
Svizzere e svizzeri sono i più grandi mangiatori di cioccolato al mondo e il distacco con la “concorrenza” è importante. La seconda in classifica è la popolazione germanica, con quasi due chilogrammi di distacco (9,1 kg pro capite), seguita da Estonia (8,3), Danimarca (8,2) e Finlandia (7,9). (fonte: ChocosuisseCollegamento esterno)
Ora però queste cifre sono a rischio perché, come spiega in un’intervista rilasciata al quotidiano svizzero-tedesco Blick Urs Furrer, il presidente di Chocosuisse, l’associazione mantello dei produttori industriali di “oro marrone”, “in casi estremi, l’accesso al mercato dell’UE è a rischio”. Questo perché il regolamento europeo sulla deforestazioneCollegamento esterno, in vigore dallo scorso 29 giugno, prevede che chiunque porti il cioccolato sul mercato comune dovrà essere in grado di fornire informazioni sull’intero processo di produzione, fino alla piantagione di cacao. Le aziende devono garantire che nessuna foresta sia stata disboscata o danneggiata durante la produzione. Per farlo si affideranno alla geolocalizzazione, che permetterà di trasmettere le posizioni delle materie prime in tempo reale. Un problema per i produttori rossocrociati: “Un sistema di monitoraggio così completo non esiste ancora”, dice Furrer. Lui è in contatto con le autorità UE competenti, ma molte cose restano da chiarire, dice. Anche in altri Paesi, membri dell’UE, non è ancora stato tutto regolato: in Germania, per esempio, una dozzina di associazioni imprenditoriali si sono rivolte alla politica per far luce sulla situazione. Anche perché, scrivono questi produttori, il flusso delle merci dev’essere completamente riorganizzato, ma da Bruxelles per ora non sono giunte linee guida chiare.
Anche la Svizzera deve adattarsi alle regole di Bruxelles
Il regolamento dev’essere rispettato anche dalle aziende produttrici elvetiche se vorranno continuare a esportare i loro prodotti senza restrizioni e se non vogliono finire nella “lista nera” dell’UE. Bruxelles infatti prevede di classificare tutti i Paesi da “buoni” a “cattivi” in base alla legislazione in vigore al loro interno. In caso di risultato “cattivo”, non sarà proibito esportare cioccolato, ma l’iter sarà molto complicato, soprattutto per quanto riguarda le operazioni doganali. E una procedura lunga implica anche un aumento dei costi.
“Nel peggiore dei casi, il mercato dell’UE per il cioccolato svizzero si chiuderebbe – e questo sarebbe fatale. Perché l’UE è il nostro più grande mercato di esportazione”, dichiara Furrer.
A essere toccata dalla misura sarà anche la più grande azienda alimentare del mondo, Nestlé, che produce la maggioranza del suo cioccolato proprio in Svizzera. Per il responsabile dell’agricoltura di Nestlé Daniel Imhof “il Consiglio federale deve adeguare la legislazione all’UE il più rapidamente possibile”. La multinazionale ha richiamato l’attenzione dell’Ufficio federale dell’ambiente già a febbraio, ma da Berna risposero che era ancora troppo presto per prendere decisioni.
Per Chocosuisse, però, il tempo stringe: Bruxelles ha infatti lasciato 18 mesi alle aziende e ai vari Paesi per adattarsi al nuovo regolamento. Poco per la Svizzera, che in passato ha già dimostrato di necessitare di più tempo per adeguamenti legali di questa portata. Nel 2013, per esempio, l’UE ha introdotto un regolamento sul commercio del legname, che aveva posto le aziende esportatrici rossocrociate di questo materiale in una posizione di svantaggio rispetto alla concorrenza. La politica è stata messa sotto pressione, ma solo nel 2022 il Governo ha approvato un regolamento che ha eliminato tale disequilibrio. E ora l’industria del cioccolato teme possa succedere la stessa cosa.
La lotta alla deforestazione non può aspettare
Il regolamento UE sulla deforestazione riguarda, oltre al cacao, anche l’allevamento del bestiame, il caffè, l’olio di palma, la soia, la gomma e il legno. L’organizzazione ambientalista WWF celebra il fatto che Bruxelles abbia imboccato una strada simile, ma allo stesso tempo rimane critica. Esiste infatti una scappatoia, poiché si parla solo di foreste. La maggior parte delle materie prime inquinanti sono prodotte in diversi ecosistemi. Un’ampia area di coltivazione della soia poi esportata in tutto il mondo si trova, per esempio, nella savana brasiliana (il Cerrado), che ospita il 5% di tutte le specie animali del mondo. Un ecosistema che è già distrutto al 50% e che non sarà protetto dalla nuova legge dell’UE.
Per il WWF, la Svizzera non può permettersi di aspettare altri 10 anni per adattarsi alle nuove regole, afferma Romain Deveze, esperto di materie prime presso il WWF. La deforestazione, aggiunge, è responsabile di un quarto delle emissioni globali di gas serra. “La Svizzera deve inviare un segnale forte che anche noi abbiamo a cuore il clima”.
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