È in costante crescita il numero di strutture ospedaliere elvetiche che offre alle donne incinte la possibilità di mettere al mondo il proprio bebè in maniera anonima e riservata.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
Sono sempre di più gli ospedali in Svizzera che offrono alle donne incinte la possibilità di partorire in modo anonimo e riservato. Una pratica che rappresenta una valida alternativa alle “baby finestre”, ma che è ancora poco considerata.
Tre anni fa, a inizio gennaio 2020, la storia di un neonato abbandonato in una discarica di Därstetten, nell’Oberland bernese, aveva sconvolto l’opinione pubblica. Il bebè era sfuggito per un soffio alla morte dopo che la madre, avendo partorito da sola di nascosto e senza alcuna assistenza, ha voluto nascondere al suo compagno una gravidanza sfociata da una relazione con un altro uomo.
Proprio per evitare questo tipo di finali drammatici, esiste il parto confidenziale, che permette alla donna di dare alla luce il proprio bebè in un ambiente protetto, potendo partorire in un ospedale con un’assistenza appropriata mentre le sue informazioni personali rimangono custodite in maniera riservata, in modo che il suo entourage non venga a sapere nulla. Le fatture e i conteggi legati ai vari trattamenti necessari non vengono ovviamente recapitati a casa della partoriente e solo l’anagrafe e le autorità di protezione dei minori e degli adulti vengono informate della nascita.
L’anonimato non si ferma qui, però: se qualcuno di esterno contatta il reparto maternità o chiede di vedere la madre, viene riferito che la donna non è ricoverata presso l’ospedale oppure che non è conosciuta. Le visite in camera avvengono unicamente dietro consenso della paziente.
L’affidamento in adozione è la scelta più comune
In seguito al parto, secondo quanto prevede il Codice civile svizzero, la donna ha sei settimane di tempo per decidere se preferisce dare il neonato o la neonata in adozione oppure se vuole tenerlo/a. Nella maggior parte dei casi viene scelta l’adozione. In seguito le vengono concesse altre sei settimane per riconsiderare la decisione.
Una volta che il figlio o la figlia ha raggiunto la maggiore età, potrà chiedere lumi sull’identità della madre biologica. Un diritto a conoscere le proprie origini, garantito dalla Costituzione, che non può essere rispettato con le “baby finestre”, dove i neonati vengono abbandonati anonimamente.
Le cose stanno cambiando
L’organizzazione Salute Sessuale Svizzera (SSCH) si impegna da diversi anni nella promozione del parto confidenziale. Nel 2020, l’organizzazione mantello dei centri di salute sessuale elvetici, nonché partner dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e membro accreditato dell’International Planned Parenthood Federation (IPPF), ha pubblicato un rapporto su questa pratica, che fino ad allora era rimasta ai più sconosciuta.
Secondo Christine Sieber della SSCH, lo studio ha avuto un impatto notevole. “Dopo il nostro rapporto, le cose hanno iniziato a cambiare”, ha affermato a Keystone-ATS. Praticamente ogni ospedale in Svizzera offre questa valida alternativa, che ora viene proposta in 20 cantoni. Stando ad un conteggio della SSCH, nel 2020 la possibilità era offerta solo in 18 cantoni. In Ticino attualmente l’opzione non esiste, ma si sta discutendo per la sua introduzione.
“I media si sono interessati all’argomento. È un tema che riguarda le persone più vulnerabili della società”, ha aggiunto Sieber. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne che non si accorgono subito di essere rimaste incinte e che non possono più interrompere la gravidanza. “Tendenzialmente si tratta di giovani donne, spesso con un passato migratorio, ma non sempre”, afferma Sieber. In molti casi, “rimanere incinte può esporre una donna a seri rischi, quando per esempio le viene vietato di avere rapporti sessuali prima del matrimonio”. In questo caso, la maggior parte dei neonati viene poi affidata a genitori adottivi.
Non esistono per ora statistiche in merito ai parti confidenziali, ma l’SSCH stima che nella Confederazione si verifichino tra i “20 e i 30 casi all’anno”, molti di più se paragonati alla media di due casi all’anno per le “baby finestre”.
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