In Italia la firma digitale dà una spinta ai referendum
La possibilità dallo scorso agosto di sottoscrivere i referendum con la firma digitale ha permesso a due referendum di superare lo scoglio delle 500'000 adesioni in pochi giorni. Uno sviluppo che suscita anche alcune preoccupazioni.
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tvsvizzera.it/mar
Nelle ultime settimane, la democrazia diretta in Italia ha fatto segnare passi da gigante. Nello spazio di pochi giorni, i promotori dei referendum sulla legalizzazione della cannabis e dell’eutanasia sono infatti riusciti a raccogliere a tempo record le 500’000 firme necessarie.
A rendere possibile questo exploit è senz’altro stato l’emendamento approvato qualche settimana fa di autorizzare le firme digitali in alternativa a quelle cartacee.
Una rivoluzione più che benvenuta, che permette all’elettorato di essere coinvolto maggiormente, hanno sottolineato i fautori di questa riforma. Mentre per altri, questa possibile moltiplicazione dei referendum (uno per rimettere in discussione il Green Pass è già stato lanciato) nasconde delle insidie, soprattutto quando si tratta di affrontare temi molto divisivi.
E c’è già chi ha proposto dei correttivi, ad esempio quello di aumentare il numero di firme necessario.
La Radiotelevisione svizzera ha chiesto il parere del costituzionalista Michele Ainis.
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La democrazia semi diretta svizzera prevede due strumenti che permettono ai cittadini di influire sul processo legislativo.
L’iniziativa popolare permette di chiedere una revisione della Costituzione. Affinché un’iniziativa popolare riesca, i promotori devono raccogliere, entro 18 mesi, 100’000 firme di persone che hanno diritto di voto.
Quando i cittadini sono scontenti di determinate decisioni del Parlamento, possono indire un referendum, raccogliendo 50’000 firme sull’arco di 100 giorni.
In entrambi i casi si tratta di firme cartacee e non digitali.
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