In terra campana, sulle tracce di Scipione l’Africano
Un viaggio nel presente e nel passato della regione romana ricca di fonti termali, mare limpido e vino buono, decantata da Cicerone e Virgilio.
Alcuni turisti francesi escono dal Parco di Cuma, vicino Napoli, pronti a proseguire il loro tour archeologico. “Siamo partiti da Minturno e stiamo proseguendo verso Pompei con tappa qui a Cuma”, spiegano.
Tra Minturno e Cuma ci sono 57 chilometri. Un’ora d’auto in piena Campania Felix, la regione romana decantata da Cicerone e Virgilio per il vino buono, le sorgenti termali e il mare cristallino e scelta da Scipione l’Africano per il suo esilio volontario.
Eppure quei turisti appassionati di storia antica, nel viaggio da Minturno a Cuma non hanno fatto alcuna tappa intermedia. Hanno tirato dritto, senza mai fermarsi in quel buco nero che sembra essere il Litorale Domitio. Perché nel litorale che porta il nome di Tito Flavio Domitiano, l’ultimo imperatore della dinastia Flavia che fece grande la costa a Nord di Neapolis, delle grandi colonie romane di un tempo, oggi non c’è più traccia. Almeno sulle mappe dei tour specializzati.
I turisti proseguono il loro cammino verso Sud. Tvsvizzera, invece, va dalla parte opposta. In un viaggio nei luoghi dove la storia è stata dimenticata.
Prima tappa: Liternum
Partendo dal Parco di Cuma, dalla provinciale 303 si entra direttamente sulla Via Domitiana. L’attuale arteria costeggia i resti dell’omonima strada romana voluta dall’imperatore nel 95 d.C. Da lì arrivare al sito di Liternum è un attimo. Fondata nel 194 a.C., Liternum fu scelta da Scipione l’Africano per trascorrere gli ultimi anni della sua vita.
“Dagli scritti di Plinio il Giovane sappiamo con certezza che la tomba di Scipione si trova qui a Liternum ma fino ad oggi non è mai stata trovata”. Luigi De Martino è il presidente della Proloco Domizia che dal 2009 al 2014 è stata concessionaria del sito.
Probabilmente quella tomba si trova sepolta sotto una delle case abusive sorte negli anni della speculazione edilizia in quella che oggi è Giugliano in Campania. Case e palazzine che circondano tutt’intorno il piccolo sito archeologico. “Lo scempio che è stato fatto – continua De Martino – impedirà forse per sempre di scoprire quella tomba e il resto della città”.
“Sappiamo con certezza che la tomba di Scipione si trova qui a Liternum ma fino ad oggi non è mai stata trovata”
Oggi dell’antica Liternum è rimasto ben poco: un parco circondato da un’inferriata. Il cancello è chiuso da anni. A metà dicembre un finanziamento della regione Campania ha permesso l’inizio di lavori di pulizia dei resti archeologici fino a quel momento coperti dalla malerba.
Grazie a quei lavori oggi è possibile ammirare il Foro Boario, da cui spicca l’antica torre; il criptoportico; le antiche terme e l’anfiteatro. Ma tutto solo dietro un cancello. Perché per il momento di visite guidate al sito dell’antica Liternum non ce n’è traccia.
Eppure le potenzialità ci sono tutte: “Già con questo che abbiamo- si sfoga De Martino -, tra sito archeologico e parco naturale si potrebbe organizzare un percorso archeo-naturalistico di circa due ore. Ma niente, a nessuno sembra importare nulla di Liternum”.
Seconda tappa: Volturnum
Riprendiamo la Domitiana e continuiamo verso Nord. Direzione Castel Volturno.
La città italiana nota per l’immigrazione incontrollata, l’abusivismo edilizio e la presenza della Mafia nigeriana, sorge su quella che una volta era conosciuta come Volturnum.
Si trattava del porto franco dell’antica Capua. I Romani, arrivati nel 290 a.C., fortificarono la città e Domiziano fece costruire sul fiume un maestoso ponte adornato da una statua del dio Volturno.
“Oggi della statua non c’è più traccia – spiega Luigi Crimaco, Direttore del Museo Civico Archeologico di Mondragone – ma del ponte e dell’antica Domitiana qualcosa c’è ancora”.
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Un’arcata del ponte la si può ancora vedere su un fianco del castello medioevale, fatto costruire nel X secolo dai Castaldi longobardi della nuova Capua. Ciò che incuriosisce è il rivestimento esterno: si tratta dei basoli superstiti dell’antica Domitiana.
E il resto? “Tutto sepolto dal cemento”, spiega Crimaco. La posizione esatta dell’antica Volturnum Crimaco la scovò negli anni Ottanta, durante i suoi studi. “Riuscii a capire dove si trovava Volturnum grazie alle fotografie aeree della zona che mostravano strani dislivelli”, spiega Luigi Crimaco. “Altrimenti non sarebbe stato possibile. In fondo è tutto coperto dal cemento”.
Qui però non c’entra la speculazione edilizia del secondo dopo guerra. A seppellire i resti dell’antica Volturnum sono stati lavori di edificazione assai precedenti. “Eppure è tutto lì sotto – spiega Crimaco – forse proprio per questo tutto ancora intatto”.
Anche Castel Volturno potrebbe attirare turisti grazie al Castello medioevale e alla sua particolarità di essere ricoperto dai basoli in cui camminarono gli antichi romani. E invece quel castello cade a pezzi. A sorreggerlo ci sono solo ponteggi e pezzi di legno ormai usurati dal tempo.
Terza tappa: Sinuessa
Per ritrovare i segni tangibili della presenza romana sul litorale Domizio bisogna proseguire verso Nord e arrivare a Mondragone. Qui, poco lontano dall’odierno centro abitato, sorgeva l’antica Sinuessa.
Fondata nel 296 a.C., fu un grande centro turistico e produttivo dell’Antica Roma. L’antica Domitiana partiva da qui, da una diramazione dell’Appia Antica, la regina delle strade romane.
I resti dell’Appia Antica si trovano nell’entroterra di Mondragone. Ma le vere meraviglie, quelle di Sinuessa, stanno sulla costa.
“Questo posto è sempre coperto da altissime erbacce, siete fortunati a venire ora che è stato ripulito”. Ad accompagnarci è Pierluigi Pagliaro, mondragonese e grande appassionato di archeologia.
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Per entrarci non bisogna pagare nessun biglietto o attraversare alcun cancello. Ciò che resta della grande Sinuessa è lì, accessibile a tutti.
Tra l’erba tagliata di fresco si nota una strada romana: il decumano maggiore di Sinuessa, circondato dai resti delle botteghe romane. “Questo posto è talmente poco conosciuto – spiega Pagliaro – che nemmeno gli abitanti di Mondragone sanno dell’esistenza di questo sito”. Tra la popolazione autoctona è opinione comune che i resti dell’antica Sinuessa si trovino tutti sotto il mare.
Ma il bradisismo, che effettivamente ha fatto sprofondare gran parte dell’antica Sinuessa, ha sommerso soltanto la parte della zona costiera e il porto. “Il resto è sotterrato o coperto dal cemento”, ci spiega Pagliaro.
“Quando si iniziò a capire il valore delle opere archeologiche, iniziarono a crearsi delle squadre di sub per raccogliere qualsiasi cosa per poi venderlo a chissà chi”
E di tutte le antiche anfore, statue, monete e mosaici sprofondati nel Mar Tirreno? “Tutto trafugato decenni fa – spiega Pagliaro -. Negli anni in cui si iniziò a capire il valore di mercato di quelle opere archeologiche, iniziarono a crearsi delle squadre di sub per andare a raccogliere qualsiasi cosa non fosse attaccato alla terra per poi venderlo a chissà chi”.
Qualcosa però si è salvato. Basta proseguire per pochi chilometri, sul territorio di Cellole, per scoprire la Villa marittima di Punta San Limato. “Apparteneva a Tigellino, braccio destro di Nerone, e si è conservata quasi perfettamente”. Ciò che stupisce è lo straordinario mosaico del frigidarium raffigurante cavalli alati, pesci e animali marini. Un capolavoro portato alla luce ma non accessibile. Qui, a differenza di Sinuessa, c’è un cancello. L’accesso è vietato e non sono previste visite guidate. Nemmeno per i giornalisti.
Quarta tappa: Suessa
Il nostro viaggio prosegue verso l’ultima tappa. A Sessa Aurunca, confine Nord della costa campana, dove sorgeva l’antica Suessa di cui resta il Teatro Romano del II secolo a.C. (il secondo più grande della Campania dopo quello di Napoli) ed è possibile ammirare i resti del criptoportico restaurato nel 2014. Si tratta del sito meglio tenuto tra quelli visitati in questo viaggio.
Da qui potrebbe partire un tour archeologico tra le bellezze della costa di Campania Felix. Con qualche investimento e un po’ d’impegno si potrebbero attirare turisti e appassionati dall’Italia e dal mondo. Ma il buco nero del litorale Domizio ha inghiottito tutto. Anche i sogni.
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