Il Kuwait si presenta a Expo con uno dei padiglioni più appariscenti, riconoscibile per le grandi vele bianche che filtrano l’ingresso dal braccio maggiore del decumano. Il fondo sabbioso ha il merito di trasportare subito il visitatore in suggestioni lontane, confermate dalla cascata d’acqua e dal volo del falco che si vive nella cupola che è il primo ambiente chiuso della visita. Peccato che, alla monumentalità dell’esterno e della prima parte del percorso, non corrisponda un altrettanto interessante interno. Un enorme plastico, più consono a un negozio di modellismo che non all’esposizione universale, apre l’itinerario raccontando il territorio con dettagli che non aggiungono nulla a quello che la gente già immagina del piccolo stato del golfo persico.
Non migliora la capacità di interessare il pubblico neppure la parte successiva. Al termine di una discesa si affronta il tema della itticoltura, con due vasche di pesci e crostacei. Il colore e la vita degli acquari sono l’unico elemento di curiosità. Segue un settore che non è chiaro se è un bazar o una dimostrazione dell’artigianato locale. Il merito di questo settore del padiglione è, se non altro, quello di aver pensato un’area da dedicare ai bambini, pur in uno spazio un po’ angusto – un adulto non ci sta – e decorato con modelli culturali che a un bimbo europeo potrebbero non essere chiari.
Se il padiglione di per sé non colpisce, ha impressionato invece il fatto che alla conferenza stampa della presentazione del Kuwait, lo sceicco ministro dell’informazione e il suo seguito si siano presentati con dieci limousine parcheggiate in bella mostra sulla fiancata della costruzione. Perfetto per una concessionaria di auto, un po’ meno per l’Expo della sostenibilità.
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