L’affondamento dell’ammiraglia è un duro colpo per Mosca
La perdita dell'ammiraglia della flotta del Mar Nero può pesare sul prosieguo della strategia russa. Colpita la fabbrica dei missili Neptune vicino a Kiev, si combatte ancora a Mariupol.
La perdita dell’incrociatore russo Moskva è di grande rilevanza da un punto di vista simbolico. “Averlo visto in fiamme all’inizio e poi all’affondamento” non può che fare affiorare il pensiero “che Mosca è affondata” afferma Alessio Patalano, esperto in strategia marittima al King’s College London.
La Moskva era la principale nave russa della flotta del Mar Nero e la sua importanza è caratterizzata anche dal nome che porta: il nome della capitale della federazione russa. Un’immagine, quella di ieri, giovedì, in forte contrasto con quella rappresentazione del presidente Vladimir Putin di una potenza militare significativa.
L’incrociatore era anche un’unità navale che aveva evidenziato l’elemento di sproporzione tra l’imponenza militare russa e la difesa ucraina, afferma l’esperto.
Da un punto di vista militare è un momento rappresentativo poiché le operazioni marittime giocano un grande ruolo di supporto. “La situazione cambia in modo predominante poiché la nave era importante per quanto riguarda le coperture di difesa aerea e antimissile.” Va comunque detto che il principale campo militare rimane quello terrestre, rammenta Alessio Patalano.
Colpita la fabbrica dei Neptune
Intanto continuano i bombardamenti russi. La fabbrica Vizar a una trentina di chilometri da Kiev, una di quelle dove vengono prodotti i missili Neptune, con i quali secondo le forze ucraine sarebbe stato colpito e affondato l’incrociatore “Moskva” nel Mar Nero, è stata colpita nella notte su venerdì da un attacco russo, come constatato sul posto dall’agenzia AFP.
Sarebbero stati gravemente danneggiati un’officina e un edificio amministrativo. Secondo il Ministero della difesa russo, il bersaglio è stato attaccato con un missile di tipo Kalibr.
Il Cremlino non ha confermato che siano stati proprio i Neptune a provocare l’incendio fatale alla nave ammiraglia della sua flotta meridionale.
Le autorità ucraine hanno inoltre accusato Mosca di aver preso di mira dei bus che stavano evacuando civili a nord-est di Kharkiv, causando sette morti e 27 feriti. Hanno pure smentito un’incursione di elicotteri in territorio russo, dove secondo Mosca sarebbe stato attaccato un villaggio della regione di Briansk.
A Mariupol si spara ancora
Prosegue intanto la battaglia di Mariupol, dove poche migliaia di ucraini resistono accerchiati da oltre 40 giorni a forze russe numericamente superiori, che a poco a poco stanno prendendo il controllo della città. Già occupano la parte residenziale, mentre le difese si concentrano in particolare nell’enorme complesso industriale dell’acciaieria Azovstal, che copre diversi chilometri quadrati. Mosca sostiene di aver conquistato un altro impianto, quello della fabbrica metallurgica Illich, poco più a sud.
Sono intanto tra le 40’000 e le 50’000 persone che stanno tornando a Kiev ogni giorno, lo afferma il vicecapo dell’amministrazione locale, che nei precedenti giorni aveva ribadito come la situazione fosse ancora troppo precaria per rientrare. Proseguono intanto le operazioni di sminamento nella regione.
Biden non andrà a Kiev
Sul fronte diplomatico, la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha smentito ogni ipotesi di un viaggio di Joe Biden a Kiev. “Non manderemo il presidente in Ucraina”, ha affermato, confermando invece che Washington sta valutando l’invio di un suo rappresentante di alto rango, che secondo indiscrezioni non confermate potrebbe essere il numero uno del Pentagono Lloyd Austin o il segretario di Stato Antony Blinken.
Stando alle cifre fornite dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, infine, sono ormai cinque milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina dal 24 febbraio, data dell’invasione. L’UNHCR ne conta 4’796’245 nel suo bollettino di venerdì. L’Organizzazione internazionale delle migrazioni conta inoltre 215’000 non cittadini ucraini.
Quelli registrati in Svizzera, stando alla Segreteria di Stato della migrazione, sono 35’139. Di questi 28’314 hanno già ricevuto lo statuto S.
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