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L’inflazione cambia le abitudini dei consumatori elvetici

Un uomo inginocchiato guarda attentamente i prezzi dei prodotti in un supermercato.
Anche a fare la spesa i consumtori e le consumatrici svizzeri stanno molto più attenti ai prezzi dei prodotti. © Keystone / Gaetan Bally

La pressione dell’inflazione sul potere d’acquisto continua ad influenzare le abitudini dei cittadini e cittadine svizzere. Secondo un sondaggio, infatti, il 65% della popolazione reagisce diminuendo i consumi, in particolare rinunciando ad andare al ristorante, a viaggiare e ad acquistare abiti nuovi.

Il dato emerge da un sondaggio pubblicato dalla società di consulenza e revisione Deloitte. Gli specialisti rilevano come effettivamente il rincaro si sia fatto sentire anche in Svizzera, sebbene in modo meno marcato che in altri paesi. Attualmente i prezzi sono di circa il 6% più elevati dell’inizio del 2021. L’inflazione su base annua ha superato il 3% a metà 2022 e a inizio 2023.

Secondo il capo-economista di Deloitte, Michael Grampp, “il perdurare del rincaro in Svizzera è un peso per la maggior parte delle persone. In particolare, rappresenta una sfida per le persone a basso reddito, che devono far fronte all’aumento del costo della vita”.

E come fanno queste persone a far fronte alla situazione? Il 57% riduce la spesa per prodotti e servizi non essenziali, il 51% fa maggiore attenzione a offerte speciali e promozioni, il 44% opta per prodotti più a buon mercato, il 37% passa a fornitori più economici, il 22% ricorre maggiormente all’usato, un analogo 22% cerca di fare le cose da sé invece di comprarle e il 7% si fa prestare quanto gli serve.

+ Inflazione superiore alle attese in Svizzera

In pratica negli ultimi 12 mesi i consumatori e le consumatrici elvetiche hanno risparmiato tagliando su ristorante e uscite serali (52%), sui vestiti (42%), sulle vacanze (41%), in generale sulle attività del tempo libero (41%), sugli alimentari (34%), sui servizi personali (32%), sui mobili e gli oggetti per la casa (31%), sulle manifestazioni culturali (29%), sulla benzina e sugli altri costi dell’automobile (28%), sui prodotti elettronici (25%), sui costi accessori dell’abitazione (22%), sui media e l’intrattenimento (22%), sui premi della cassa malati (19%), sui costi di telecomunicazione (16%), sul trasporto pubblico (14%), sui servizi finanziari (12%), sulle assicurazioni (11%), sui costi dell’alloggio (10%) e sulla formazione (10%).

Secondo gli esperti Deloitte, però, solo una minoranza ritiene che acquistare beni di seconda mano, produrre da sé gli articoli di cui si ha bisogno o semplicemente prenderli in prestito sia la giusta risposta all’inflazione.

Se il rincaro dovesse persistere i cambiamenti comportamentali potrebbero però radicarsi e avere un impatto significativo sui rivenditori e sulle aziende che producono beni di consumo. Così almeno la pensano gli specialisti.

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