L’Italia ha un problema nel garantire il diritto all’aborto
Il numero di medici ginecologi che per motivi etici non praticano l'interruzione volontaria di gravidanza continua a salire con il rischio concreto di lasciare intere regioni senza professionisti che applichino la Legge 194. In Svizzera questo problema oggi non si pone ma non è sempre stato così.
Sono passati 40 anni da quando, nel maggio 1981, gli italiani si sono recati alle urne per validare la Legge 194Collegamento esterno, contro la quale era stato lanciato un referendum. La norma in questione era arrivata nel 1978 e introduceva la possibilità di interrompere volontariamente e legalmente una gravidanza entro i primi 90 giorni dall’inizio della stessa. Prima di allora, una donna che abortiva rischiava fino a quattro anni di carcere, e chi la aiutava addirittura cinque.
L’articolo 9 della stessa Legge 194 dice però anche che “il personale sanitario non è tenuto a prendere parte agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione”. L’obiezione di coscienza, si legge ancora nella legge, “esonera il personale dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”.
Oltre due terzi dei ginecologi
Allo stato attuale dei fatti, un po’ in tutta Italia, ma in alcune regioni in particolar modo, la possibilità di dichiararsi obiettori di coscienza ostacola di fatto il diritto sancito dalla legge di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Gli ultimi dati completi forniti dal Ministero della Salute risalgono al 2018 e vedono il 69% di medici attivi in Italia eticamente contrari a questa pratica (vedi cartina sotto). Nel frattempo, la situazione è ulteriormente peggiorata. È delle scorse settimane infatti la notizia che nel Molise c’è un solo medico disposto a garantire l’accesso alla Legge 194: si tratta del 69enne Michele Mariano che, essendo l’unico non obiettore di coscienza in tutta la regione, posticipa la pensione per continuare a operare. Oltre al caso molisano, secondo un’inchiesta recente di RepubblicaCollegamento esterno, la situazione starebbe diventando critica anche in Sicilia, dove sempre più donne sono costrette a varcare i confini regionali e si torna addirittura a parlare di aborti clandestini.
Cos’è l’obiezione di coscienza e quando può essere invocata
Nel merito dell’aborto legale, l’“obiezione” è garantita anche in Svizzera, così come nella maggior parte degli Stati dell’Unione europea che consentono l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG). Le condizioni sono simili un po’ ovunque e, prendendo come esempio quelle ticinesi, in base all’articolo 18 della Legge sanitaria cantonaleCollegamento esterno “nessun operatore sanitario può essere tenuto ad effettuare o partecipare a prestazioni o terapie incompatibili con le proprie convinzioni etiche o religiose. Tuttavia egli non può, con la sua obiezione, compromettere l’esecuzione di prestazioni o terapie non contrarie alla legge da parte della struttura sanitaria ove egli opera”. Benché l’obiettore non possa essere oggetto di discriminazione, punizione o penalità a causa delle proprio convinzioni morali, in caso di pericolo per la salute della o del paziente, l’operatore sanitario obiettore è, se richiesto, comunque tenuto a dare la sua collaborazione.
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Gli enti ospedalieri e le strutture autorizzate sono comunque tenuti ad assicurare che l’IVG si possa svolgere, anche se questo dovesse implicare il ricorso alla mobilità del personale. L’obiezione legale deve cioè riguardare il singolo operatore sanitario e non l’intera struttura. Cosa che, in regioni come il Molise, viene rispettata a stento (in fondo all’articolo la tabella dettagliata con la situazione regione per regione). Più che la mobilità del personale, frequentemente è quindi quella delle gestanti verso altre zone del Paese a garantir loro il ricorso all’IVG: il 20% delle donne molisane che hanno subìto un aborto lo hanno infatti fatto recandosi oltre i confini regionali.
Nel 2018, in Italia, ci sono stati 6 aborti su 1000 donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni. A titolo di paragone, in SvizzeraCollegamento esterno (dove però l’età di riferimento è 15-44 anni), nello stesso anno il rapporto è stato di 6,5 interruzioni di gravidanza su 1000 donne. Nella Confederazione, l’interruzione volontaria di gravidanza è legale dal 2002 e, quello dei medici obiettori di coscienza, non è un fenomeno che ostacola il diritto all’aborto.
Per Mariano, il medico molisano, il problema sta proprio nel diritto all’obiezione di coscienza: “La legge la consente, e allora la battaglia va fatta a monte: già all’università, non bisognerebbe permettere a chi vorrà fare il ginecologo di diventare obiettore. Poi bisogna impedire che un ginecologo possa scoprirsi di colpo obiettore dopo essere stato assunto magari con un concorso bandito per garantire l’applicazione della 194”, ha raccontato il professionista in un’intervista a Repubblica. “In Svezia, i ginecologi che rifiutano di praticare le IVG vengono licenziati, perché un aborto è parte del loro lavoro. In Italia no: si fanno assumere, diventano obiettori e arrivederci”. L’obiezione di coscienza riguardo l’aborto non è infatti ammessa in tutti i Paesi: ne sono esenti ad esempio Svezia, Finlandia, Bulgaria e Repubblica Ceca.
La Svizzera iscrisse il divieto dell’aborto nel proprio Codice penale nel 1942. Con questa legge, l’interruzione di gravidanza veniva considerata un reato se commessa dalla madre o da terzi: unica eccezione per sottoporvisi era quando la vita della gestante era seriamente messa in pericolo. I cantoni mantennero tuttavia un certo margine di autonomia in materia e già negli Anni ‘70 molti comuni elvetici erano tra i più liberali d’Europa. In seguito, il dibattito sull’aborto è però tornato d’attualità e il popolo elvetico si è recato alle urne – respingendo ad ogni occasione – ben quattro tentativi di riforma. Nel 2001 il Parlamento ha infine approvato una revisione del Codice penale e una depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Sottoposta a referendum, la legge è stata adottata in votazione popolare nel giugno 2002 dal 72,2 per cento dei partecipanti ed è entrata in vigore il 1. ottobre 2002.
In Svizzera, l’interruzione volontaria di gravidanza è legale dal 2002 (vedi riquadro sopra) e, quello dei medici obiettori di coscienza, non è un fenomeno che ostacola il diritto all’aborto né, d’altro canto, la Confederazione è mai stata meta particolare di un “turismo” medico per pazienti interessati a questo tipo di intervento. “In Svizzera, la legge è chiara e quindi le istituzioni devono garantire a ogni donna quello che la legge dice e di per sé non esistono problemi acuti in questo senso”, ci spiega il dottor Roberto Malacrida, membro della Commissione nazionale di etica (CNE) in materia di medicina umanaCollegamento esterno. “Anche perché i ginecologi che lavorano in Svizzera hanno una percentuale di obiettori di coscienza rispetto all’interruzione della gravidanza che è minoritaria e quindi non va a impedire il rispetto delle norme”.
In passato non è però sempre stato così, ci racconta Malacrida. “Una trentina di anni fa, c’è stato un primario di ginecologia all’Ospedale Civico di Lugano che era obiettore di coscienza. Questo aveva creato una sorta di resistenza anche da parte del resto del personale sanitario che magari si sentiva maggiormente legittimato a rifiutarsi di assistere la degente. In pratica, una donna ricoverata a quei tempi per un IVG poteva sentirsi in un certo senso giudicata e per un periodo ci sono state difficoltà a garantire quanto previsto dalla legge. Il problema non si è però protratto nel tempo e, una volta risolto non si è ripresentato”, racconta il medico, confermando che la tematica non è di quelle che destano preoccupazione in seno della Commissione etica in materia di medicina.
Non è solo una questione di etica
I professionisti che si dichiarano obiettori di coscienza sono nella maggior parte dei casi spinti da motivazioni etiche e morali, le quali, in una società con radici profondamente cattoliche come quella italiana vengono forse palesate con maggiore frequenza rispetto a quanto avviene in altri Paesi, ci spiega ancora il medico. “E, quello morale o religioso, è un motivo rispettabilissimo per agire in tal modo”. Ma c’è anche un altro problema, continua Malacrida. “Talvolta l’obiezione di coscienza può anche essere usata perché, da un punto di vista puramente professionale e tecnico, l’IVG non è un tipo di intervento interessante come lo potrebbero essere altri nell’ambito della professione medica. L’alta concentrazione di coloro che non si presta ad occuparsi degli aborti, spinge quindi inevitabilmente i non obiettori di coscienza a dedicarsi all’IVG per una grande fetta del proprio tempo e della propria vita professionale: si entra così in un circolo vizioso”.
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